studio di Pietro CANONICA - Museo P. CANONICA (Villa Borghese. Roma) - photo by Pierperrone |
Ti ricordi?
Amico mio, ti ricordi?
Come eravamo piccoli, allora!
Come eravamo piccoli, allora!
Bambini.
Senza la barba. Voci sgraziate e occhi innocenti sbarrati.
Senza la barba. Voci sgraziate e occhi innocenti sbarrati.
Per strade sconosciute disegnavamo le vie del mondo.
Io la mia e tu la tua.
Andavamo insieme.
Andavamo per le vie della città.
Contavamo i sassi, le antiche pietre, i gradi degli archi che la storia aveva innalzato per noi.
Andavamo per le vie della città.
Contavamo i sassi, le antiche pietre, i gradi degli archi che la storia aveva innalzato per noi.
Eravamo angeli.
Maschi e femmine.
Amore passione e desiderio.
Maschi e femmine.
Amore passione e desiderio.
Fuoco che arde.
E argento che corre, ora, ancora.
Per le strade, corriamo.
Per le strade, corriamo.
Corriamo appresso ad una palla che rotola, folle nel cielo.
Ridendo.
Chiassosa e volubile.
Ridendo.
Chiassosa e volubile.
Ti ricordi?
Amico, mio, ti ricordi?
Come eravamo; già grandi, allora!
Come eravamo; già grandi, allora!
Con le parole dipingevamo il mondo, attorno a noi, e lo facevamo crescere.
Le nostre parole erano sangue.
Sangue sgorgato dal cuore.
Sangue sgorgato dal cuore.
Parole che, come mattoni, davano vita alle cose della vita.
Leggere come farfalle che si posavano ai nostri piedi, per farsi ammirare.
Leggere come farfalle che si posavano ai nostri piedi, per farsi ammirare.
Erano cose da grandi, cose che odoravano di vita e di morte.
Ma era il mondo.
Era il mondo che volevamo scoprire.
Il mondo veniva a farci la riverenza e c'invitava al nostro giro di danza.
Era il mondo che volevamo scoprire.
Il mondo veniva a farci la riverenza e c'invitava al nostro giro di danza.
Io la mia e tu la tua.
Ci girava la testa, poi.
Ma non avevamo paura.
Ma non avevamo paura.
Guardavamo il mondo girare e allungavamo la mano, per poterlo afferrare.
E quello, folle, rideva, felice, e girava.
E ora, ancora, continuava a girare.
Giocando.
Ti ricordi?
Amico mio, ti ricordi?
Così eravamo, allora.
Così eravamo, allora.
Cosa siamo, ormai, noi, ora, lo sai ?
Con i nostri pennelli abbiamo dipinto la tela dei giorni.
Tu la tua ed io la mia.
Abbiamo vissuto.
Abbiamo scritto le nostre poesie d'amore.
Io la mia e tu le tue.
Parole che si son fatte di carne.
Carne della nostra carne che ha dato la vita a dei fiori.
Carne della nostra carne che ha dato la vita a dei fiori.
Fiori, ora, che, liberi, vanno in giro per il mondo, da soli.
La pioggia li nutre.
Cresceranno.
Eppure temiamo il temporale, se il cielo si fa scuro, sopra di noi.
Ma il temporale non ci ha spezzato, quando ha spazzato le strade.
E il vento, neppure,quando forte ha soffiato, ha potuto piegarci.
Cresceranno.
Eppure temiamo il temporale, se il cielo si fa scuro, sopra di noi.
Ma il temporale non ci ha spezzato, quando ha spazzato le strade.
E il vento, neppure,quando forte ha soffiato, ha potuto piegarci.
Caro amico, questo è il bello.
Poter raccontare che siamo siamo la vita.
Poter raccontare che siamo siamo la vita.
Possiamo ben dirlo.
Siamo stati steli, verdi rami, gemme e poi foglie e ancora frutti, aspri ed acerbi.
Ed ora, che siamo maturi, stiamo ancora attaccati a quel ramo e ci piace essere baciati dal sole.
Ti ricordi?
Amico mio, ti ricordi?
Suonava la musica, allora!
Suonava la musica, allora!
Era la musica del paradiso e correva come un vento leggero.
Un vento che spargeva dovunque il nostro fertile seme.
Ingravidavamo il grembo mondo.
Non si è ancora posato, quel vento.
Neanche quando la musica, grave, ha fatto le sue lunghe pause stanche.
Ingravidavamo il grembo mondo.
Non si è ancora posato, quel vento.
Neanche quando la musica, grave, ha fatto le sue lunghe pause stanche.
Noi, piccole note stonate, stiamo al nostro posto, ora, là, sul pentagramma.
Nell'ordinata attesa paziente che arrivi, dunque, il nostro turno, ancora una volta.
Nell'ordinata attesa paziente che arrivi, dunque, il nostro turno, ancora una volta.
Conosciamo bene il nostro ritmo, tu ed io, amico carissimo, mio.
Tu il tuo ed io il mio.
E l'armonia che ci ha riuniti.
La nostra.
Sono stati lunghi i percorsi di fuga, e i contrappunti.
S'è squadernato, ormai, lo spartito, quì, sotto gli occhi nostri attenti e severi.
Abbiamo imparato a suonare la nostra parte, con professionale maestria.
Abbiamo imparato a suonare la nostra parte, con professionale maestria.
E ci piace suonare dinanzi al nostro pubblico, raccolto nel teatro del mondo.
Un piccolo pubblico di affezionati fedeli.
Amatori.
Intenditori che ci battono forte le mani.
Intenditori che ci battono forte le mani.
Soddisfatti.
Prima che lo spettacolo finisca.
E cali, infine, il sipario.
E cali, infine, il sipario.