25 dic 2012

LA CITTA' DEI GATTI

La città dei gatti.
photo by pierperrone

Le vie della città sono piene di sogni.
Basta andare.
Non c'è una linea precisa, una rotta, una meta da raggiungere.
Basta solo andare.
Non è come nella città degli uomini, dove tutto sta finendo, lentamente soffocato da un male che nessuno conosce.
Nella città degli uomini ci sono gli incubi.
Mostri, fantasmi, creature terribili, assetate di sangue.
Nella città degli uomini i morti camminano.
Non sanno, non si accorgono di essere morti.
Gli uomini sono pieni dei loro pensieri.
Non si sa cosa sono, quei pensieri, nessuno li vede.
Ma loro hanno la testa sempre immersa là dentro, come fossero le gocce di un mare immenso.
Non sanno nuotare, in quel mare.
Eppure hanno sempre la testa là dentro.
Ombre che allungano le mani, toccano, tastano, palpano.
Prendono, afferrano, arraffano, arruffano, spremono, sprecano...
Il tempo, per gli uomini è un grave pensiero.
Così disse uno di loro, prima di tornare ad immergere la testa là dentro.
Il tempo è come un mare, anche il tempo è un grande mare che nessuno conosce.

Nella città dei gatti abitano i sogni.
Volano leggeri.
Bolle colorate.
I sogni sono i pensieri dei gatti.
Negli occhi dei gatti restano impresse le forme del giorno, le luci, le soffici nuvole che corrono leggere lassù.
Sono attenti, i gatti, quando osservano, curiosi, un particolare.
Lo sguardo acuto lo cattura come un movimento rapido della zampina felina.
Prima ci gioca, a lungo, per fissarselo, fermo, negli occhi.
E quando quella forma, infine, si è impressa, ecco, lo scatto animale diventa caccia feroce, arma crudele.
Negli occhi dei gatti restano impressi i particolari della vita degli uomini.
Una strana memoria popolata di misteriosi particolari sconosciuti.
Non come il familiare profilo di un topo con i baffi e la coda sottile.
O la sagoma filiforme di un'affilata lucertola verde.

I sogni dei gatti sono diversi dai sogni che un tempo facevano gli uomini.
Gli uomini chiamano sogni i pensieri notturni.
La vita che scorre di notte, quando nessuna la vede.
La vita nascosta, che si vergogna di essere esposta alla luce del sole.
Gli uomini spesso dimenticano i sogni che popolano il regno del sonno.
Un regno abitato da leggiadre creature che vivono libere di fare quello che vogliono.
I baci, l'amore, gl'inutili tentativi di fuga.
I salti che non finiscono mai, i sentieri tortuosi, i laghi che sprofondano nell'infinita inconsistenza della vita notturna...
Gli uomini dividono i sogni dagli incubi.
Nelle ore di veglia, mentre la testa annega nei pensieri inspiegabili, la paura diventa sovrana.
In quel momento, lei chiama con voce tonante, cupa e arrogante.
Le creature notturne che le obbediscono si volgono a lei.
Quelli sono, per gli uomini, i terribili incubi obbedienti al cieco terrore.
Gli altri abitanti, i disobbedienti, i sordi, gli spensierati, gl'increduli, li chiamano sogni.

Questo i gatti lo sanno perchè, nella loro città, vivono liberi tutti gli effimeri sogni.
Le ore  notturne non sono infestate, nell'affollata città eterna dei gatti, dal nero terrore di perdere il senso del vero.
I gatti vivono liberi.
Il vero, pei gatti, è il vero degli occhi.
Un odore che arrovella le punte dei baffi.
Un colore che spunta improvviso da un cespuglio fiorito.
Un suono strisciante, un movimento improvviso, una fugace apprensione,l'improvviso chetarsi del temporale che muore.
Anche la città degli uomini, piano, languisce.
Muore annegata nel mesto lago dei pensieri perduti.
Affollato di guizzanti schegge d'inferno, raggi di luna distorti che affondano nelle liquide carni annottate del lago.
Fantasmi impazziti che vagolano in cerca di un castello in cui trovare rifugio.
Una torre, le mura, gli arcieri, la sala della tortura.
Il fuoco innaturale del rovente dolore usato per scacciare i dubbi dell'anima.
Una prigione sempre affollata.

La città dei gatti sorge sul fianco del corso di un fiume.
I millenni l'hanno scavata, non stanche mani infelici.
La corrente che scorre, eterna, da infinite distanze, l'accende d'un mormorante canto di vita.
A volte soave a volte impetuoso, lo schiaffo del vento la scuote .
E mentre il ciclo dei soli tutta l'indora, al miagolìo sognante, di notte, s'offre la rotonda beltà della ninfa d'argento.
Pigri, in quel sogno, languono i gatti, fieri della loro città.
Raccontano storie, e sogni, per tutti.
Anche per chi, indifferente, passa di corsa loro davanti.
Io stamattina non avevo voglia di correre.
Lenti i minuti, sulla riva del fiume.
Pochi passi soltanto...
Poi, una magìa, il peso dei pensieri s'è fatto leggero, il tempo sospeso.
Loro mi hanno chiamato.
Non so quanto tempo sono rimasto.
Ho fatto una foto, così, tanto per esser sicuro....

6 commenti:

  1. I gatti sono imparentati coi leoni, sono loro i re di Roma.
    Le poche volte che ho visitato Roma sono rimasta colpita dal loro dominio, saltano fuori in ogni dove.
    Ciao, buon Santo Stefano.

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  2. Che bella la città dei gatti...che bella...Mi sembra di conoscerla anche se non ci sono mai stata, almeno non in quella che descrivi e che hai testimoniato con una foto (tentativo di dare concretezza ad un sogno, dimostrare che si può fare? Sì ,dai dimmi che è così!)
    La città dei sogni, è in tanti luoghi come questo, in tanti angoli nemmeno tanto nascosti, non a chi è disposto a fermarsi e giocare un po' con le bolle di sapone e a diventare...un gatto...o qualunque altra cosa che sappia rincorrere le nuvole...
    Bel racconto Piero, davvero. Il tuo genere, il tuo stile è cambiato da quando vivi qui, ma è un cambiamento in positivo, non nel senso che prima non era piacevole quello che scrivevi. Sai che ti ho sempre letto con grande piacere, ma ora, se possibile, ancora di più. Hai un modo più leggero di sottolineare le cose che consideri importanti. Rimani puntuale nel cogliere le cose amare ma non so... è come se ad un tratto tu avessi lasciato andare maggiormente una parte di te che forse prima era un po' trattenuta. E' solo una mia sensazione eh? Però mi piace. :-)


    Un abbraccione

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  3. GrazieNonnaCarissima!!!
    (Non aggiungo altro)
    Auguri, però, quelli, si.

    Piero

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  4. Cara Paoletta,
    a Roma i gatti, chissà perchè, sono veramente sovrani.
    Pensa che c'è una colonia storica di gatti adottatati dalle gattare (nome romano autoesplicativo) con una sede tra i resti archeologici di Largo Argentina. In queste settimane hanno avuto delle polemiche con i giornali e forse le spostano. Le gattare. Ma i gatti no. Loro sono i padroni.
    Un'altra colonia (gattare e gatti) sta tra i ruderi della Piramide Cestia, ad Ostiense,, non so se ce l'hai presente.... e altre e altre ancora...
    Forse perchè i gatti hanno mille vite... come la città eterna...

    Un abbraccio,
    Piero

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  5. Mia cara Mafalda (Patrizia!),
    grazie davvero.
    Chissà, forse in questa casa nuova mi sento più libero, forse più anarchico, forse, chissà.
    Se me lo dici tu, che c'è un tono diverso, ci credo, è sicuramente vero.
    Chissà, qualche volta saprò anche dire perchè.

    La foto.
    Si, hai ragione.
    L'ho scattata ieri mattina, col telefonino, sulla riva del Tevere (come ho raccontato nelle ultime righe). Abbiamo fatto una lunga passeggiata rinfrancante, io e mia moglie, per riprenderci dalle fatiche alimentari della vigilia natalizia (che a casa nostra è la vera festa, quelle che vengono dopo, il , il , sono un pò ripetizioni).
    Quando stavamo scendendo sulla riva del fiume, stavamo tornando, eravamo non troppo lontani da casa, sotto ad un ponte, c'era quella casa dei gatti.
    Qualcuno l'aveva allestita così, dentro a quel mucchio di massi.
    Casa.
    casa di gatti.
    Città.
    Quella è più che una casa. E' una città, l'avamposto visibile di una città. Nascosta da qualche parte, tra i pensieri leggeri, tra i sogni, raccontata dalla corrente del fiume.
    La città dei gatti è nata da quella fotografia.
    (Che in realtà è una di tre; tre ne ho scattate, col telefonino).

    E' un luogo magico, la riva del fiume.
    Spero di raccontare qualche altra storia portata da quella corrente.
    Mi piace passeggiare a quell'altezza strana, sotto il livello della città, che corre, annaspa, s'annega, dieci o venti metri più in alto.
    Passeggiare al livello della corrente, fra gli alberi, sulla riva, sembra davvero la città dei sogni.
    I colori, le cose, i silenzi, tutto è diverso in quella dimensione.
    E' un altro mondo.
    Del tutto diverso da quello che corre pochi metri più sù.
    Scendi pochi scalini e ne varchi la soglia...
    Ho fatto diverse serie di foto, sulla riva del Tevere.
    Stranamente sempre la riva destra (si, credo sia la destra, perchè il fiume scende verso il mare, ed io percorro sempre la riva destra. Quasi sempre, a pensarci.)
    Si, si, qualche altra volta ti racconto qualche altra storia dalla città dei sogni.

    Un abbraccio.

    Piero

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