28 ago 2013

MUSICBOX



Eccoci di nuovo qui.
Oltre la linea...
Quale linea?
Quella di confine, labile, falsa, ingannatrice, arbitraria...
Forse.
O la linea promessa dalle diete traditrici.
O la linea politica, che neppure il segretario del partito conosce veramente.
Oppure la linea telefonica, che salta e singhiozza e si rende spesso inaffidabile.
O la linea che si accompagna ai punti del codice Morse.
Chiede aiuto, compagnia, una parola di conforto, una risposta, un ordine...
O la linea dell'orizzonte, che tentiamo di calpestare ogni volta ed ogni volta senza ottenere il successo atteso.
Oppure la linea aerea, che ci porta lontano, da un'altra parte, quasi sempre dove ci piacerebbe andare e spesso non possiamo andare.
Oppure la linea del tempo...
La linea oltre la quale siamo ormai ci siamo inesorabilmente inoltrati.
Ma senza aver acquistato prima il biglietto di ritorno ...

Comunque sia.
Amici.
Rieccoci qui.
Stasera solo un saluto.
Ed un regalo.
Ma che regalo!
Davvero un regalo specialissimo!!!!
Grazie youtube!


10 ago 2013

LO SCAMBIO

Photo by Pierperrone - Varsavia. Per strada


Ho deciso di noleggiare la mia macchina.
No.
Devo essere più preciso.
Voglio noleggiare la mia macchina.
Darla in affitto.
Almeno darla in prestito.
Almeno, che sia utile, alfine, a qualcuno.
Si!
Non è forse un buon proposito, questo?
Si, mi sembra una buona cosa.
In fondo, così, almeno, serve a qualcosa, questa macchina.
Invece, adesso, quella, la mia macchina, sta così, ferma, troppo spesso.
Sembra quasi insignificante, inutile, inutilizzabile, inservibile, superflua, vana...
E' persa, spenta.
Morta, quasi.
No, no, morta, questo proprio no.
Proprio morta, no.
Non posso dirlo.
E no.
Perchè altrimenti, cosa vorrei mai dare a nolo?

Ecco.
Arriva.
Me lo immagino.
Eccolo, il primo che ha letto l'inserzione.
Viene a chiedermi in prestito la macchina.
Io devo spiegarmi bene.
Devo essere  preciso.
A parte la questione del prezzo, il conquibus, la contropartita, il controvalore, la controprestazione... 
A parte questo dettaglio - importante, direte voi, ma io non saprei, forse, per me, non si tratta dell'aspetto più importante dello scambio - ecco, a parte questo, c'è la questione dei danni.
Si.
Questo è sicuramente più importante.
E' addirittura fondamentale.
Devo spiegargli che deve fare la massima attenzione.
Non deve provocare alcun danno, neppure minimo, alla mia macchina...
... una volta che l'ha presa prestito.
... o in affitto...
... o a nolo...
... o come vi pare.
Per me, poi, non conta tanto la differenza fra una forma e l'altra.
No.

Per me è fondamentale che ci sia qualcuno che abbia la voglia, il desiderio, addirittura piacere di mettersi nella mia macchina per farci un bel giro, con quella.
Si.
Uno che chieda di entrare nella mia macchina.
Uno che sia uno.
Uno... un altro.
Uno diverso.
Uno che non sia io.
Uno proprio altro.
Uno differente da me, si, un terzo, un estraneo, uno sconosciuto... un ignoto.
Uno che non ha mai visto prima, uno che non parla la mia lingua, uno che parla una lingua diversa, una lingua di cui non capisco neanche una parola, una lingua che non conosco, una lingua che ignoro totalmente...
Uno che quando parla sembra che barbagli, incomprensibilmente, mugugni, gorgogli o singulti ...
Uno muto, quasi.
Uno, magari, uno che non ami parlare affatto.
Uno che, così, non posso capirlo neanche per sbaglio.
Uno senza volto, senza occhi, senza espressione...
Uno senza odore, senza respiro...

Ecco.
M'immagino.
Arriva uno.
E' uno come tanti.
Uno che si confonde.
Uno senza segni particolari.
Ma è comunque uno che non potrei mai più riconoscere.
Neanche dopo, quando ritorna, per restituirmela, la macchina.
E' uno che, quando io insisto, dicendogli di non importunarmi, che non lo conosco, che deve lasciarmi perdere perchè io ho da fare qualcosa di importante, ma importante davvero, ecco, lui, quello, insiste anche a sua volta, si oppone, fa resistenza.
Ma lui lo fa perchè lui è uno preciso.
E' uno corretto, uno onesto.
Uno che restituisce sempre quello che non è suo, quello che ha preso in prestito.
Lui sente la necessità, il bisogno, l'obbligo, davvero, di dare indietro, necessariamente, le cose che non sono sue.
Lui vuole restituirmi la mia macchina, presa a nolo.
Ma io, quella macchina non la rivoglio più indietro perchè non sono più sicuro che quella sia davvero la mia macchina, dato che me la riporta uno che neanche conosco.
Ecco.

Allora, quello arriva.
E mi chiede:
"E' lei che vuole dare in prestito la macchina?"
Ed io:
"Si, signore.
Grazie per essere venuto.
Si, sono proprio io.
Voglio dare a nolo la mia macchina.
Vorrei darla proprio ad uno come lei".
E lui, a dirmi:
"Eccomi.
Sono venuto.
Come lei desiderava così intensamente".
Ed io gli chiedo:
"E perchè è venuto a pendere in prestito proprio la mia macchina?"
Ma, poi, io so che lui questa domanda proprio non se l'aspettava.
E, infatti, lui resta lì muto.
Con le mani in mano.
Fermo.
In attesa.
Di chissà che.
Immobile.
Immoto.
Spento.
Proprio come la mia macchina.
Ecco.

Adesso lo vedete?
Sta salendo sulla mia macchina.
Io ho dovuto scendere, prima, per fargli spazio.
Io ci vivo, nella mia macchina.
E' qualcosa di più che la mia casa.
E' qualcosa di molto di più.
E non è stata facile, quell'operazione di scendere dalla mia macchina.
Prima ho dovuto spiegargli l'importanza della clausola di salvaguardia dai danni.
Per me è tutto!
Come potrei salvarmi dal dolore, se quello, uno sconosciuto, uno qualsiasi, decidesse per volontà, o subendo, invece, a sua volta, la volontà del caso, dovesse provocargli dei danni, danneggiarmela, insomma, la mia macchina... magari irreversibilmente?
Ad un dolore così non potrei resistere.
Potrei non sopravvivere.

Non è che io sia uno sentimentale.
Uno che si affeziona facilmente.
Alle macchine, poi.
Meccanismi.
Carrozzerie.
Motori, rotori, bobine, giunti rotanti...
No.
Quella roba lì non fa parte delle cose che reputo tanto importanti, a cui tengo con tanta attenzione.
No.
Quelle sono macchine comuni, apparecchi destinati agli usi più svariati, protesi meccaniche del corpo umano.
Più che altro servono a sgravare l'uomo dalle fatiche.
Oppure vengono utilizzate per moltiplicarne in qualche modo le forze...
No.
A quelle cose non tengo.
Io tengo alla mia macchina.
La mia macchina è una macchina davvero speciale.
E' qualcosa di unico.
Qualcosa di eccezionale.

Uscire dalla mia macchina non è mai stato facile.
Neanche in questo caso lo è stato.
Uscire dalla mia macchina è come mettersi a nudo.
Come restare senza carcassa.
Come mandare l'anima in giro per il mondo senza il supporto di un corpo.
Si.
Ecco.
E quindi, immediatamente, se devo uscire dalla mia macchina, si manifesta la necessità di scambiare la mia macchina con un'altra, con la macchina del mio cliente.
Cliente.
Lo chiamo così per pura comodità, per dargli un nome, un titolo, una funzione, una motivazione...
Io...
Senza la mia macchina, io non esito.
Non potrei vivere, senza la mia macchina.
La mia macchina mi respira per me.
Si muove, ed io mi muovo con lei.
Illuminare il mondo che mi si para davanti ed i suoi occhi sono gli occhi con cui io stesso guardo il mondo che mi si para davanti.
La mia macchina mi permette di nascondermi, a volte.
Di fuggire.
Anche di scontrarmi con gli altri.
Di battermi per un posto, su questo strano mondo di macchine.
E mi permette anche altro, e altro e altro ancora...
Si.
La mia macchina, posso dire, è proprio me stesso.
Ma sento proprio il bisogno di darla in prestito, adesso, questa macchina, a qualcuno.
Si.
Di fare uno scambio.
Ecco.
Forse più che un nolo, voglio fare uno scambio.

Quando mi chiede la mia macchina, il mio cliente, io sono ancora libero di dire di no.
Ma lo dico così, per ipotesi, per convenzione.
Solo per dire che non c'è nessuna ragione reale a costringermi.
Non c'è qualcosa a forzarmi a fuggire.
No.
Posso ancora dire di no.
Ecco, diciamo così.
Potersi rifiutare.
E' una possibilità.
Una espressione della mia libera volontà.
La mia libertà di dire di no.
No alla morte.
Ecco, dire di no alla morte!
Ecco.
Questa si che è davvero la vera libertà.
Questa è la libertà più elevata, agognata solo dagli spiriti più alti.
Niente a che vedere con il sogno, o l'illusione, piuttosto, dell'immortalità.
Che forse sarebbe più una schiavitù senza fine che una libertà infinita.
No.

Essere libero di dire di no.
Dire di no, quando la morte arriva.
Potere scegliere.
A seconda.
Come mi piace.
Secondo quello che più mi aggrada in quel momento fatale.
Ecco.
Così come io, pur trovandomi nel bisogno di scambiare con qualcuno la mia macchina, mi riservo comunque la libertà di scegliere.
Di dire di no.
Si.
Perchè il mio non è un bisogno fatale, finale, assoluto, estremo, definitivo...
No.
Il mio bisogno è un bisogno di quelli, chiamiamoli così, corporali.

Scambiare la mia macchina con quella di un altro.
Ecco.
Si.
Eccolo.
Arriva, adesso, l'altro.
Il cliente.
Alto.
Abbastanza.
Lunghi capelli.
La sua macchina ha forme rotonde.
Provocante, inebria, ancheggia, si muove.
Percorre sinuose curve e tornanti che conducono alla valle della morte...
Pelletteria del candore della luna.
Calandra come una bocca di fuoco ciliegia.
Occhi come fanali, acuti come spilli.
Vastità, nel cuor del motore ...
E tanto, tanto, calore...
Ecco.

Si.
Ho deciso.
Lo scambio, ora, si può fare davvero.
Io gli cedo la mia.
E accedo alla sua.
Ci scambiamo le macchine come uno scambio dei corpi.
Uno che entra nell'altro.
Un vero atto d'amore.
Due corpi diversi che s'incontrano di sfuggita per strada.
E s'amano.
Uno scambio al motel.
Un'ora d'amore.

8 ago 2013

USA ON THE ROADS

Photo by Pierperrone


Dunque domani è l'ultimo giorno di scuola!
Stanno arrivando le vacanze.
Finalmente!
Quanto si sono fatte attendere!

Anche quest'anno faremo un viaggio.
United States.
Sa. Francisco e la California.
I parchi.
Il Grand Canyon.
Un pezzo di Route 66.
La Valle della Morte....

Ecco, chi vuole potrà collegarsi al diario di viaggio artigianale che, come gli anni scorsi, permetterà di condividere con glia amici qualche foto e qualche commento.
Il link è questo:


A presto!

7 ago 2013

UNA FAVOLA (Peppe BARRA) da LU CUNTO DE LI CUNTI di G. B. BASILE

Mi piacciono, si mi piacciono tanto le favole.
Eccone una.
Una vera, raccontata da uno che le sa raccontare veramente.
Un abbraccio a Peppe BARRA.







4 ago 2013

MARCIA SULLO STATO DI CACANIA

Sacco di Roma ad opera dei Visigoti - JN Sylvestre, 1890


Cacania, 4 agosto 2013. Ore 20.09

Caro figlio mio,
devi sapere cosa succede, devo tenerti informato.
Oggi c'è stata la marcia su Cacania.
E anche il capo ha parlato.
Sopra un palco.
Sotto il suo palazzo principesco.
Di fronte al palazzo del duce, anzi di fianco, che gli faceva ombra.
Ma forse gli faceva ombra di più il balcone dove si affacciava il duce.
Erano altri discorsi, quelli.
Altre adunate.
Altre marce.
Altre folle oceaniche.
Dichiarazioni di guerra!
Erano show che mettevano paura.
Un intero popolo che si prosternava sotto al balcone.
Inni e urla che si alzavano come a voler toccare il cielo.
E poi abbiamo visto cosa hanno portato quei discorsi.
Guerra, miseria, dolore, disperazione e povertà.
Ma quelli erano altri tempi.
Altri discorsi.
Un altro duce.
Uno vero.
Non uno di cartapesta, una marionetta da film.
Anzi da fiction televisiva.

Oggi c'è stata la marcia su Cacania.
Un pò rumorosa, con i megafoni e gli altoparlanti.
Tante bandiere.
Più bandiere, forse, che portabandiere.
Una folla acclamante, si.
Ma erano tutti sudati.
In abiti da domenica pomeriggio.
Sicuramente invidiosi di quelli che se n'erano potuti restare al fresco, su qualche spiaggia, da qualche parte.
Che oggi la canicola era davvero cocente.
Erano comunque in troppi.
No, figlio mio, lo dico nel senso che, poveretti, io provo per loro sentimenti di vicinanza.
Capisco che ora il loro capo è ferito.
Che la macchina della giustizia, impietosa, ha cominciato il suo terribile corso.
Mi rendo conto che lui, il povero capo, come un cane bastonato, e loro, come un gregge, accompagnato da quel cane da pastore, si sentiranno spaesati.
Non sapranno neanche più ritrovare la strada di casa.

Qui, faccio uno stacco.
La casa, figlio mio, sta per una metafora.
Voglio dirti che si staranno rendendo conto che sta crollando il loro bel castello di carte.
Eh, si.
Tolta la base su cui tutti il sistema si reggeva, non sarà mica facile ricostruirne uno da capo.
Lui, il capo, è incappato in uno di quegli incidenti di percorso, chiamiamolo così, davvero gravi.
Si, si è scontrato contro il muro delle regole.
Credeva di farla franca.
Ha potuto evitarlo per tanti anni,
S'è creato un mondo di favole a cui hanno creduto per tutto quel tempo gli abitanti di questo povero paese.
Ma, al dunque, anche Cacania ha le sue dure regole di ferro.
Catene che stringono fino a far male.
Ed hanno denti che mordono.
Hai voglia a dire che tutto questo non è vero.
Che cerchi una scappatoia.
Una via d'uscita.
Un lasciapassare.
Cacania resta uno Stato che si basa su leggi scritte che, anche se nessuno lo vuole, alla fine i più deboli sono costretti a restarvi soggetti.
E lui, si proprio lui, ormai, è uno dei più deboli.
Solo chi è capace di fermare la storia, di deviarne il corso davvero, di scriverne pagine maiuscole, può davvero aspirare ad ottenere un lasciapassare dai gendarmi di questo paese.
Ma lui.
Lui!
Che pagina di storia ha mai scritto, per questo paese?
Di cosa Cacania, domani, potrà ricordarsi, pensando alla sua opera?
In nome di chi e di che cosa osa pensare di poter condizionare le autorità a rilasciargli un lasciapassare? 
Le dure leggi di uno Stato hanno bisogno di mani robuste per esser forzate, di fabbri seduti sugli scranni con pesanti martelli, pronti  a spezzare le ferree catene che la legge impone ai suoi prigionieri.
Ma qui, figlio mio, a Cacania, di fabbri, rudi uomini avvezzi alle violente vampe delle fuliginose officine, di operai della fornace, non ce ne sono rimasti ormai più.
In parlamento siedono signorine con le unghie smaltate.
Signorini con i pantaloni ben rifilati.
E poi alcuni servitori d'un padrone ormai decaduto.
Ma nessuno di loro saprebbe esporre il suo petto dinanzi al fucile.
Nessuno saprebbe impugnare il pugnale per affondarlo davvero nella schiena in una congiura.
Ormai, quelli preferiscono la congiura del voto.
Il tradimento dentro l'urna del voto segreto.
Il colpo di mano dell'emendamento contrabbandato di notte, all'insaputa di tutti.
E, non sia mai vengono per caso scoperti!
Subito, sono pronti, lì, a giustificarsi dinazi ai giornalisti col microfono puntato come un fucile.
E poi c'è il grande vegliardo.
Quello che li tiene tutti stretti nel pugno.
Lui li ricatta.
Moralmente, certo, si sa.
Se lui, il vecchi presidente, decidesse d'andarsene, cosa mai ne sarebbe di loro?
Strano, eh, questo paese?
Ma è Cacania.
Senno sarebbe uno stato qualunque.

Ma, caro figlio mio, non ci possiamo fidare.
Un colpo di mano ce l'hanno promesso e potrebbe all'improvviso anche arrivare.
Magari un colpetto.
Una guerricciola civile.
Ma un vero golpe direi che non c'è in giro, non si sente nell'aria.
Tutti i colonnelli, ad agosto hanno preso le ferie.
Le spiagge sono tutte affollate.
Il caldo uccide più delle baionette sguainate per strada.
E moiono in tanti anche quelli che non sanno nuotare.
Ma, oggi, in piazza, nessuno mostrava i moschetti.
A nessuno, per me, interessava davvero il destino del capo.
Più probabilmente partiranno domani per le ferie agognate.
Lentamente passerà questa canicola agostana.
E al ritorno, poi, a settembre, allora, davvero si vedrà cosa mai accadrà.
Rischia davvero di cadere il governo.
Resteremo, caro figlio lontano, senza un presidente del consiglio ed i suoi valenti ministri.
Ma per allora tu sarai già ritornato.
Vedremo insieme cosa fare, decideremo un piano d'azione.

Ci saranno elezioni.
Si voterà.
Ma forse dopodomani.
Adesso, a lui, al capobastone, neanche conviene davvero.
E se perdesse le elezioni davvero?
Ha ancora tanti processi, appelli, sentenze e condanne davanti.
Una tribuna come quella di oggi non la potrà facilmente riconquistare.
A meno che il popolo non dia segni di demenza profonda.
No, per lui, il rischio è davvero troppo elevato.
Meglio congelare le cose così.
Gli resta la piccola piazza e l'affettuosa folla di paggi paganti.
La tribuna delle televisioni e dei giornalisti adoranti.
Come fa vedere lui giornali e pubblicità nessuna opposizione mai riuscirà a migliorare.
Neanche quel grillo parlante che urla nelle piazze affollate davvero.
Ma forse, poi, lì, le piazze del grillo, sono solo piazze teatrali.
Spettacoli itineranti.
Comizi deliranti con vaffanculi liberatori.
Poi, dopo, la politica politicante può ritornare ad annoiarsi come ha fatto in questi centocinquantanni di storia cacania.
Non servono a molto, ormai, questi padreterni rotolati giù dagli altari.
la gente, ormai, ha mangiato la foglia.
Un pò di direttive ce le dà il governo centrale d'Europa.
Il resto ormai sappiamo farlo anche da soli.
A che ci serve un governo di marionette burattini e pupazzi?

Figlio mio, per oggi ho finito.
Spero che tu, là, in quella lontana isola sperduta nel mare riesca a rilassarti un poco in questi giorni che, qui, invece, si sono fatti pesanti.
Potremmo sempre aver bisogno delle tue energie per dare una sterzata a qeusto paese.
In fondo il futuro è più tuo che mio, ormai.
Devi prendertelo e non accontentarti troppo di quello che si costruisce a Cacania.
Adesso però ti saluto.
Se ci sono novità te le farò comunque sapere.
Un abbraccio.
Tuo padre.

3 ago 2013

ANNO DEL SIGNORE 2013: A CACANIA LA GUERRA CIVILE

Rembrandt - IL GIURAMENTO DEI BATAVI


Cacania, 3 agosto 2013. 
Ore 16.43

Posso ancora scriverti, figlio mio.
Non hanno ancora sospeso la posta.
Ne approfitto per darti le ultime novità.
E' importante.
Urgente.
Hanno dichiarato davanti alle telecamere che c'è il rischio di guerra civile.
Lo ha dichiarato il portavoce del capo.
Al capo hanno già tolto il passaporto.
Ora ce l'ha la polizia politica.
Lui è ancora libero.
Ma domani non si sa.
Qualcuno dice che si deve aspettare fino ad ottobre.
Qualcun altro urla che già da domani potrebbe essere espulso dal parlamento.
I fedelissimi del capo, dopo la condanna, questo te l'ho scritto ieri sera, si sono riuniti ed hanno deciso si pretendere dal presidente della repubblica la grazia contro la condanna del capo.
Così la legge si va a farsi fottere per sempre.
Ma questo è un mio giudizio politico.
A te devo solo raccontare i fatti.

Hanno dichiarato che c'è rischio di guerra civile.
C'è forse da aver paura.
Non vedo ancora molta agitazione per le strade.
Forse il caldo asfissiante d'agosto.
Stamattina sono andato alla casa al mare.
Avevamo da fare un servizio (questo fine settimana non lo trascorriamo laggiù)..
L'aria della gente non sembrava molto preoccupata.
Non sembrava ci fosse niente di diverso dal solito.
Ma c'era poco traffico sull'autostrada, molto meno del previsto, per questo giorno di partenze per le vacanze.
Ecco.
Ecco già il primo segno.
Anche se nessuno ancora lo dà a vedere davvero, ecco, sono già in molti a rinviare le aprtenze.
Avranno preferito rimanere a casa e restare a guardare.
Meglio stare all'erta, vigili, di sentinella.
Dietro le finestre.
Sull'uscio.
Con le orecchiu dietro la porta.
Sentiremo quando scoppia la guerra civile.

Si, ti terrò informato.
Appena sento la guerra che scoppia ti scrivo subito.
Potrebbe essere l'ultimo messaggio prima della fine.
Non so se mi verranno a prendere.
Io non ho mai fatto nulla di male, la nostra famiglia è una famiglia normale, una come tante altre di questo paese.
Ma, si sa, la guerra civile fa morti proprio tra gli innocenti.
Le repressioni.
I traditori.
Le delazioni, le purghe e le fucilazioni.
Chissà chi farà il caposcala nel nostro aplazzo.
Spero proprio che non sia proprio quel Maurizio che sai.
Di lui non ci possiamo fidare.
E neanche di quell'altro, il Paolino, quello che fa l'ingegnere.
Ma forse no, è ancora presto per questo.
Comunque, non temere.
Io ti terrò informato fino all'ultimo momento.

La guerra civile la faranno sparando per strada.
I rappresentanti che ieri hanno rimesso le loro carichi di governo e parlamentari nelle mani del capo saranno i generali delle nuove truppe civili.
Adesso staranno già dissotterrando le casse di munizioni.
Là, sulle montagne del nord.
O nei container bollenti sotto al sole cocente, nei porti su cui si rinfrangono le onde del mare.
Chissà quanti ormai saranno stati già armati dai generali inferociti.
Fucili, bombe a mano, pistole, caricatori di pallottole e mitrgliatori.
Fucili di precisione per i cecchini.
Oddìo.
Ieri sera ho sentito dei rumori sul tetto.
Chissà che non abbia già preso, qualcuno, posizione proprio quassù.
Ci saranno molti morti?
E i prigionieri politici, passeranno a prenderli con i furgoni blindati.
Li porteranno allo stadio.
Li faranno bruciare sotto la calura di questo dannato mese d'agosto.
Lo stadio: ma ieri hanno dato solo sei mesi a quello che si vendeva le partite, mentre la squadra degli azzurri, qui, non è stata penalizzata.
Come giocheranno, se il campo diventa un'immensa prigione?

E che mangeremo, se chiudono i supermercati e mancano gli approvvigionamenti di derrate alimentari'?

O forse, non tutti avranno tradito.



Chissà se quelli che urlano "Arriva la guerra civile" sanno a cosa stanno esponendo la popolazione.
Me li immagino.
Già coi coltelli stretti fra i denti.
La pistola nel cinturone della mimetica d'assalto.
Fino a ieri mangiavano alla mensa del capo.
Stoviglie di cristallo, posate d'argento, ville di lusso, cene eleganti.
Chissà come dovrà costargli caro lasciare queto lusso per darsi alla guerra civile.
Certo, loro faranno gli attendenti del capo.
Saranno altri quelli che dovranno crepare.
La manovalanza potranno reclutarla fra gli ultrà delle squadre di calcio.
O tra i manovali dello spaccio di periferia.
Chissà la grande mafia se si schiererà compatta con loro?
E il nostro esercito, cosa farà?
Spareranno i nostri ragazzi sulle truppe civili all'assalto furioso?
Vedremo il fuoco dei fucili ferire i dorati palazzi Cacaniani che dormono il loro eterno sonno sotto al sole d'estate?
Morti fra la popolazione civile?
Morti fra le forze dell'ordine?
L'ordine si tramuterà in caos assordante.
E l'esercito.
L'esercito, con chi si schiererà?

I generali non si sono ancora fatti sentire.
Oggi pomeriggio la calura è davvero opprimente.
Forse staranno svolgendo segreti briefing in qualche lontana caserma.
Staranno dando istruzioni alle truppe scelte per proteggere l'intera città.
E se, invece, avranno tradito?
Qualcuno resterà fedele alla patria sicuramente.
Certamente i carabinieri resteranno a difendere la sicurezza dei cittadini stravolti.
Ma alle volte anche i fedeli carabinieri hanno sbagliato la mira.
Potremmo andarci di mezzo anche noi.
La  marina e l'aeronautica staranno già facendo i conti delle perdite che dovremo contare.
Loro hanno armamenti speciali.
Navi pesanti.
Aerei sicuri.
Saranno i più fortunati.
Potranno combattere sul mare o nel cielo, protetti dalle lunghe distanze.
Mentre noi, quaggiù, saremo bersagliati dalle nuove forze civili.
Staranno mettendo i cannoni sulle cime dei colli.
A Cacania è pericoloso perchè la città e circondata dai colli.
Potranno bombardarci da tutte le parti.

Chissà che darà l'ordine di sparare il primo colpo sulla popolazione muta e spaventata.
chi sarà il coraggioso che si fregerà della prima tacca sul manico della sua pistola.
Forse proprio quello che oggi ha urlato "attenti, sta per scoppiare la guerra civile".
E' un uomo feroce.
Ha ringhiato fra i denti "Non mi faranno tacere neanche i comunicati del presidente della repubblica".
Che intanto gli aveva fatto notare che parlare di guerra civile è copsa da irresponsabili.
"Me ne frego!" quello, col cuore duro di pietra, ha urlato, in silenzio, dentro di sè.
Si sa.
Lui è un vero uomo d'azione.
Come tutti quelli che hanno scelto di stare col capo.
Noi.
Noi siamo i codardi.
Vedremo, caro figlio mio, se siamo davvero codardi.
Ci attrezzeremo.
Organizzeremo anche noi la nostra resistenza. Fino all'ultimo sangue.

M'immagino lo scompaginamento quando spareranno sui palazzi del sacro convento.
Chi oserà per primo sparare sui prelati, i porporati cardinalizi, le candide stole del papa?
Vedremo le truppe fondamentaliste degli infedeli infiltrarsi tra le forze della rivoluzione.
La guerra civile si trasformerà in una vera carneficina.
I kamikaze a piazza S. Pietro faranno strage di poveri cristi.
E il papa buono, sudamericano emigrato d'Italia, piangerà anche lui i suoi morti.
Farà i suoi proclami implorando agli uomini in armi di amarsi e porgere l'altra guancia ai colpi di mitra che saetteranno come strali lanciati da infuriate divinità nascoste nellato dei cieli.
Sarà l'orrore la notizia che aprirà i telegiornali dell'intero pianeta.
La guerra civile per le strade di Cacania.
Sui sacri palazzi una pioggia di sangue.
Il papa ostaggio dei rivoltosi.
Il pontefice s'è offerto volontariamente alle truppe d'assalto.
Si barricheranno i partigiani nelle chiese ricoperte d'affreschi e quadri preziosi.
Le statue di marmo diventeranno fantasmi impalliditi di fronte alla tragedia che si consumerà con la guerra civile.
L'odore di morte si leverà sull'intera città.
Cacania.
Città eterna.
Finita nell'anno del signore 2013...

2 ago 2013

APPELLO DALLO STATO DI CACANIA

designed by Banksy (thanks, friend)


Cacania, 2 agosto2013.

Caro figlio mio,
ti scrivo per raccontarti, per metterti al corrente.
E' solo ieri che tu sei partito e già, oggi, ci sono grandi novità.
Si, qualcosa l'avevi già intuita, la sapevi già ieri, la capisci, anche se sei ancora tanto giovane.
La città che hai appena lasciato, il povero paese in cui sei nato, erano sull'orlo di un baratro anche ieri.
Ieri, quando ti ho accompagnato all'aeroporto conoscevi già, anche tu, la situazione, sapevi già che era molto instabile il futuro di questo popolo.
La crisi economica morde i poveri cittadini come un cane sempre più rabbioso.
Si vedono in giro, per le strade, quelle di solito affollate e lussuose del centro e quelle meno scintillanti di luci e passanti in abiti eleganti, i segni della povertà che cresce.
E' una delle poche cose che crescono, ormai, qui.
Ogni mattina c'è un nuovo povero che chiede la carità.
Prima erano solo barboni, senza casa, zingari, sbandati, poveri immigrati e disperati.
Ma ora, ormai sempre più spesso, si vedono persone comuni, anziani, disoccupati stendere la mano e mormorare qualcosa d'indistinto, qualcosa che suona come una preghiera.
O come una maledizione repressa.
O come un pianto.
O come un urlo soffocato in un singhiozzo.
Rabbia, disperazione, che differenza fa?

Si, figlio mio, questo lo sai già.
E sai anche che per voi giovani la vita si è fatta come una strada più accidentata e più stretta.
Non si sa più dove conduce.
E non si vedono più i cartelli che, una volta, con dovizia e generosità, indicavano la direzione.
Per arrivare al futuro mancano ancora 7 chilometri.
Dritto, per il senso unico.
Poi, svolta obbligatoria sulla tangenziale.
Ed eccolo là.
Eccolo il ricco paese del futuro.
Col suo bel sole levante che ride.
Giallo.
Allegro.
sonoro.
Prolifico.
Geavido.
Il paese della cuccagna.
Eccolo.
Era lì.
Bastava seguire il cartello.
Ora, invece, noi ti abbiamo reso cieco.
Abbiamo tolto i cartelli.
Abbiamo divelto le rose dei venti che, dall'alto dei loro paletti, dominavano e davano al nostro vagare sulle strade della vita.
Ormai non sapete più che strada fare, che direzione prendere, che linea seguire per arrivare a domani.
Il domani, ve lo abbiamo rubato.

Caro figlio mio, anche questo tu già lo sapevi, ieri, quando sei partito.
Nei tuoi occhi, poichè hai un cuore generoso e gentile, brillava ancora la luce ardente della fiducia.
Una fiducia nel domani, nel futuro, nel destino, nelle forze che la vita stessa, per la tua verde età, ti inocula nel sangue e te lo rende caldo e lo fa circolare a tutta velocità dentro il tuo bel corpo di angelo scesa sulla terra.
Quella luce dà colore alla tua voce e illumina i tuoi giorni.
Ma quando mi hai salutato, di fretta perchè dovevo ritornarmene al lavoro, io quella luce l'ho vista brillare forte, anche se i tuoi mesi appena trascorsi sono stati faticosi, i più difficili della tua breve esistenza di studente, e anche se le ombre del presente appena appena appesantivano il carico delle tue spalle.
Ed io, nel salutarti, non ho pensato che forse c'era anche un altro peso che stava per caderti addosso all'improvviso.
No.
Non ci ho pensato proprio.
Ecco, allora ti scrivo perchè devo raccontarti.
Raccontarti e metterti sull'allerta.
Bene, caro figlio, ormai è giunto il tempo che tu sia cresciuto.
E' arrivato il momento che prendi fra le tue mani le redini della tua vita.
E, anzi, è questo l'appello che ti rivolgo affinchè tu, appena sfuggito, quasi per caso,  da questo paese ferito, ancora libero, in quell'isola lontana in mezzo all'oceano infinito, decida di prendere per mano anche il nostro destino.

Qui, in un breve volger di tempo, solo da ieri, sono cambiate tante cose.
Il paese è finito in mano ai conquistatori che hanno preso i palazzi del potere.
Il loro capo, solo ieri sera condannato da tutti tribunali della repubblica, ha decretato lo stato di emergenza democratica.
I suoi fedelissimi, un esercito di borghesi senza divise, si è precipitato dinanzi al suo palazzo nobiliare e si sono messi a urlare slogan di giubilo e devozione.
I suoi complici politici, gli eletti alle cariche istituzionali, lo stato maggiore, hanno rimesso i loro destini e le loro stesse cariche nelle sue mani.
Si sono riuniti, alla sua presenza, lui, condannato senza più possibilità di appelli, e loro, devoti e fedeli servitori senza dignità, si sono riuniti nel palazzo dove hanno sede le istituzioni parlamentari.
Ed hanno chiuso le porte alla democrazia.
Nel silenzio dei giornalisti, lontani dalla stampa e dall'informazione, nel segreto della grande sala parlamentare, hanno ordito il loro piano.
La televisione ha dato un annuncio sommario.
Uno dei loro rappresentanti, con grandi occhiali quadrati ed un finto riporto di radi capelli scomposti, ha dichiarato, davanti ad una telecamera appostata all'uscita del grande salone, che la decisione, ormai, era stata presa all'unanimità da tutti i rappresentanti del popolo.
Gli eletti s'erano posti nelle mani del loro padrone.
Del loro vero padrone.
Quello a cui rendono onore e hanno giurato eterna fedeltà.

I due rappresentanti del nuovo capo politico di questo pease si sono appena avviati verso il palazzo presidenziale.
Lì, solitario, regna il vecchio presidente ultraottantenne.
Uomo lucido e di grandi principi.
Ma si teme per la sua vita.
Un solo colpo potrebbe essergli fatale.
Ha una grande energia.
Fino ha dimostrato grande coraggio.
E lungimirante lucidità.
Ma stasera tremo per lui.
I due rappresentanti, uno basso, quasi un ano, molto feroce, impietoso con tutti, e l'altro, quello col riporto disobbediente, hanno l'aria feroce.
Gli altissimi corazzieri, coi loro cimieri argentati e i lunghi pennacchi pendenti, sono certo, staranno attenti nello svolgere il loro servizio di guardia.
Stasera lo sento, quanto sono importanti.
Ma può bastare un istante.
Un caso.
Un incidente inopportuno.
Se il vecchissimo, fragile, presidente della repubblica dovesse avere un mancamento, un malore, un piccolo colpo...
Alle volte alla storia basta solo un piccolo aiuto.

Caro figlio mio, stasera ancora non sai cosa sta ormai accadendo, qui, in questo povero, infelice, paese.
Dopo le offese alle mortificate istituzioni repubblicane, il capo ha ringhiato alle televisioni riunite a reti unificate.
Ha fatto un appello alla nazione.
La faccia smorta di ieri è mutata in una maschera assetata di vendetta feroce.
La bocca si è stretta in una smorfia cattiva.
Con la studiata voce pacata dei potenti che sanno trattenere sapientemente il livore, ha annunciato la riforma della giustizia.
Dai suoi occhi guizzavano vampe di fuoco.
Per il nostro bene, ha aggiunto, per il paese che ha detto di amare.
Dalle sue larghe volitive mascelle si spandeva nel paese, ipnotizzato dinanzi agli schermi televisivi dentro tutte le case, una strana perversa energia.
Come una rabbia repressa.
Una vendetta sua personale da consumare a nostre spese, col sacrificio d'ognuno di noi.
Io ho sentito, mio caro figlio diletto, un brivido scorrermi lungo la schiena.
Ho sentito, come si dice, un tintinnare di sciabole.
Ed ho capito.
Il messaggio del capo diceva che ormai la storia aveva cambiato registro.
E' incominciata una nuova era per questo paese.
Ed ho immediatamente spento il  pauroso apparecchio che teniamo appeso, a casa, sul muro della cucina.
Ed ho deciso di scriverti subito.
Di mandarti in fretta questo messaggio prima che chiudano ogni canale di comunicazione con il resto del mondo.

Non ci avevo mai pensato, mi figlio adorato, a quello che avrei avuto da dirti in un momento importante come questo che abbiamo davanti.
Non pensavo potesse arrivare un momento così.
Abbiamo studiato ed io stesso mi sono assicurato che anche tu potessi avere la stessa fortuna di non esser derubato della coscienza.
Io, del resto, da padre, ho il dovere di vegliare sulla tua cosceinza.
E' un dovere che va al di là di ogni oggettività, d'ogni scientifica dimostrazione.
Io dovevo, ho dovuto, per essere l'uomo che penso di essere, investire su di te per non fati restare solo un piccolo indifeso schiavo in balia degli eventi.
Conoscere il mondo, la storia, i principi della morale.
Questa è l'eredità più preziosa che mai potrò un giorno lasciarti.
Non ci avevo pensato, ma ora mi pare chiaro, comunque.
Devo ingiungerti di restare ancora un poco nascosto.
Devo farti arrivare questo messaggio al più presto.
Devo convincerti a prendere parte, da lì, dal paese straniero dove adesso ti trovi, all'impegno di resistere con ogni forza a questa tragedia che sta travolgendo il paese quaggiù.
Occorre che tu sappia e racconti.
Devi far conoscere ciò che sta accadendo quaggiù.

Domani potrebbe essere già tardi, per noi.
Potrebbero spegnere ogni comunicazione col resto del mondo.
Interrompere tutti gli scambi e le transazioni.
Chiudere la borsa.
Mutare la moneta.
Corrompere le istituzioni.
Domani mattina, nel silenzio d'un torrido giorno di ferie d'agosto, potremmo sentire i cingolati stridere lungo i solitari viali alberati.
Prima dell'alba del nuovo giorno che schierà domani mattina, le forze dell'ordine potrebbero compiere agguati, piombar nelle case in cui saremo, fra poco, andati a letto, stanchi e annoiati,  appena un poco inquieti.
Potranno portarci via in catene, piangenti le donne, ingrugniti ed ignari, noi, in mutande, uomini nudi, urlanti di sonno i poveri inermi bambini.

Domani tu devi esser già pronto.
Ora vai.
Questo messaggio varcherà come un lampo l'etere notturno che trasmette nel mondo i segnali delle onde 
elettromagnetiche.
Tu potrai accoglierlo fra le tue mani come una colomba che viene dal cielo del tuo paese lontano.
Non crederai, sulle prime, a quanto ci sta succedendo.
Faticherai a mettere a fuoco questa così terribile notizia che viene dal mondo che appena ieri allegramente lasciasti per una breve vacanza.
Crederai che sono impazzito.
Penserai che c'è qualche errore, che i fatti sono stati involontariamente travisati dall'animo acceso del tuo povero padre.
Ma poi, alla fine, anche tu capirai.
Sei tu la nuova fiaccola accesa.
Sei tu la mia fiamma.
Per favore, per amore, tieni alto l'onore povero nostro.
Fallo per me.
Fallo per tua madre.
Ma fallo soprattutto per te.