18 dic 2012

MORTE DI UN CLOWN


Nosferatu Avignon by Francesca Savinihttp://www.newspettacolo.com


L'applauso è forte, assordante.
Non è un applauso scrosciante, sincero, ma fa molto rumore.
Il vecchio premier, sovrastato dalla sua stessa immagine, fa l'ingresso nel grande studio colorato di azzurro con passo ancora agile, con cipiglio che sembra perfetto, se non fosse che uno sguardo sghembo, sfuggito al controllo consumato da vecchio attore, ammicca disperato alla telecamera puntata troppo sapientemente sulla sua figura un pò tozza.
Il sorriso professionale è feroce, mostra più del candore dei denti ripuliti dalla pasta sbiancante del dentista, affonda nell'anima, affilato, come la lama di un bisturi e addenta il cuore.
Sotto le luci, neanche un'ombra di sudore.
Il riflesso d'acciaio della pelle di laminato plastico flessibile delle scenografie, irradia, intorno, guizzi di bagliore abbagliante.
E' una bestia da palcoscenico.
Luci stroboscopiche e una musica assordante.
Uno Zelig vero e proprio.
Se non la fortuna non l'avesse fatto premier di uno Stato fantasma, avrebbe avuto una carriera d'attore straordinaria.

L'applauso è forte.
Battono le mani tutti gli invitati nello studio.
Scelti uno ad uno, tutti pagati, a basso prezzo.
Un pubblico vero, tutti uomini senza qualità.
Dall'altra parte dello schermo, sul divano, nella penombra del televisore, un brivido scuote lo strano spettatore.
Coda da lucertola, capigliatura da volpino, ghigno da scimpanzè.
Un idiota vero.
Appena il vecchio leader si è seduto, si sono materializzati vecchi fantasmi.
Di nuovo.
Rumorosi, fastidiosi, liquidi.
Un incubo.
Spaventosi.
Le mani dello strano spettatore sono giunte, come in una preghiera disperata, strette in una morsa d'acciaio, il lato lungo di una croce tra le palme, il corpo teso in uno spasimo epilettico.

Le telecamere percorrono il grande volto rifatto.
La grande maschera, familiare a tutti, del vecchio politico già occhieggia dai poster di propaganda nello Stato fantasma.
Tutto il pubblico, dai grandi schermi che proiettano le immagini dello show di incoronazione, nello sfavillante studio televisivo, è  ipnotizzato.
Nessuno ha dovuto rispondere ad alcuna domanda.
"Per chi voti?"
"Perchè voti?"
"Sei contento di votare?"
"C'è qualcuno che voteresti più volentieri che il tuo vecchio premier?"
Non ci sono domande.
Solo cabine elettorali.

Perchè voti?
Per chi voti?
Sei contento di votare?
Nella testa dello strano spettatore si accendono le domande come le caselle di un telequiz.
La sera è feroce come un incubo.
Le telecamere lo riprendono notte e giorno.
Lo scrutano impietosamente.
Un rivolo di ansioso sudore gli corre nel letto della ruga profonda aperta come la faglia di un terremoto sulla fonte larga e stanca come la piazza di una città.
Tra le mani, strette in sorda preghiera, le dita  palpano i tasti del telecomando.
Nervosamente corrono dai grani del rosario ai tasti dei canali.
Ma i tasti bruciano come i chiodi roventi della croce.
Nella bocca secca, il nome del vecchio leader muore nel silenzio della voce che non riesce a profferire più alcun suono.

Tra le fessure delle persiane, dalle finestre intabarrate nel buio della sera silenziosa, penetra solo la compagnia mostruosa della gialla luce ocra di un fioco lampione ammalato.
La nebbia nella strada diventa densa lattea corposità.
Il silenzio urla la sua solitudine.
La notte si nasconde dietro le facciate delle case cieche.
L'aria, rarefatta come gas, evapora e lascia gli alberi agonizzanti, strangolati dagli stretti cappi delle aiuole.
Il prato artificiale inghiotte, famelico, le creature che si avventurano a calpestare il finto terreno da cui sporgono solo esche avvelenate, steli d'erba sintetica.

Il vecchio premier attraversa lo studio con passo sicuro, l'abito scuro, di taglio perfetto.
Le scarpe lucide scricchiolano un poco.
L'aria è sicura e sazia.
Il sorriso, all'improvviso, si liquefa, all'angolo della bocca.
Come un rivolo di bava velenosa.
Il conduttore gli rivolge una domanda.
Il vecchio premier non ricorda più la risposta.
"Signor Primo Ministro, cosa pensa delle misure che il nuovo governo ha adottato inopportunamente - e glielo dico senza piaggeria - mentre Lei non era al suo posto, per assolvere, senz'altro, ad altro dei doveri più alti e fondamentali che la Storia Le avrà comandato?"
Il Signor Primo Ministro non ricorda la risposta.
O forse l'ha perduta.
O forse qualcuno gliel'ha rubata.
Forse una risposta non c'è.
Forse la domanda è inutile, sbagliata.
Forse il vecchio premier si pone domande inopportune, inutili, sbagliate.

Con gesto tremante della mano, il vecchio cerca di scacciare l'inclemente silenzio.
Una smorfia.
Ma non riesce a diventare il solito diabolico sorriso.
Cieca, come una finestra con le serrande abbassate, muta sulla faccia plastificata del vecchio parlamentare.
Il sangue che ne sgorga non è vero liquido.
Non è linfa reale di un uomo che muore.
Attimo dopo  attimo, il vuoto, dentro quel corpo ancora vivente, si rapprende.
Il silenzio dilaga dentro quel vuoto.
Si espande, come una vasta chiazza, nera ed oleosa.
E' l'esalazione dell'anima sintetica.
Il respiro di un polmone artificiale.
Il busto ancora eretto, ormai, non da più alcun segno di vita.
E' il monumento funebre di un mezzobusto che, inesorabilmente, la fissità televisiva ha trasformato nell'epitaffio della pienezza di sè.
E' l'intervista ad una statua di marmo pantelico, un simulacro di terrea cera, un totem che, attimo dopo attimo, si disfa in ridicola maschera.
Una sguaiata parodia del volto che, una volta, era stata la potente immagine della politica.

Il silenzio annaspato del politico in difficoltà non passa inosservato.
Neanche il conduttore s'aspetta un'esitazione così lunga.
L'occhio del vecchio diventa, a poco a poco, vitreo ed opaco.
Il leader, lentamente, si fa spenta sagoma d'un uomo impotente.
Davanti al muto video impietoso, lo strano telespettatore, imprigionato nella sua interminabile sera casalinga, è risucchiato nel vortice tenebroso delle domande lasciate senza risposta.
La cabina elettorale, dentro la scuola in cui, da bambino innocente, s'era fatto uomo immaturo, vero cittadino dello Stato fantasma, ora si trasforma, in cuor suo, in un labirinto che vortica pericolosamente.
Lì affonda lo strano spettatore.
Lì, in quel gorgo, annega la nuova preda inconsapevole del vorace mostro televisivo.
Un mostro sdentato.
Un nuovo strumento di tortura.

Il pubblico, nello studio, già mormora e rumoreggia.
Il corpo irrigidito della vecchia mummia politica, è già solo una presenza imbarazzante.
Il conduttore chiede l'intervento della regìa.
Si spengono le luci.
La pubblicità cerca, disperatamente, di riempire col suo vuoto pneumatico il vuoto dell'imprevedibile imbarazzo.
La nuda fissità della vecchia mummia parlamentare si mostra in tutto il suo laido disfacimento.

La produzione comincia a fare i conti dei mancati introiti pubblicitari.
Ci sono i biglietti da rimborsare.
E le puntate programmate da tagliare.
Il regista, nella cabina piena di bottoni, freneticamente compulsa l'agenda telefonica dello smartphone senza più energia.
Urla all'assistente in minigonna inguinale che è giunto il momento di assumere una nuova comparsa.
Occorre un nuovo politico suadente.
Che sia giovane, con sorriso ammaliante.
In  maniche di camicia.
La chioma corta e nera.
La barba incolta.
L'aria spigliatamente casual.

Il vecchio viene portato fuori dallo studio mentre è ancora in crisi confusionale.
Pochi secondi dopo, il fido segretario taglia di corsa la corda.
L'autista si era già dileguato, portandosi, con la macchina di servizio, le fide guardie del corpo.
La sicurezza, che aveva fatto la fortuna della vecchia bestia politica che aveva calpestato i palcoscenici della politica mondiale, era evaporata improvvisamente.
Come per volere di un dio crudele...
Non ha neanche il tempo di riprendersi, il vecchio leader.
Come un capobanda abbandonato da tutti, si ritrova impietosamente abbandonato da tutti.
E' restato solo.
Non può neanche comprendere il perchè.

Senza capire il senso del suo gesto, prende il coltello appoggiato sul davanzale della finestra.
Nel camerino scende l'ombra più buia.
Si appoggia la lama sul collo.
Il filo, vorace, morde la flaccida pelle plastificata.
Un denso liquido vischioso fuoriusce dalla ferita.
Il corpo del vecchio automa esegue meccanicamente il suo ultimo incomprensibile comando.
E' un liquido rosso.
Nei secoli scorsi, quel modello lo fabbricavano con un bel liquido blù.
Ed una corona sul capo.
Il vecchio automa reclina lentamente il capo.
Si spengono piano le due lampadine elettriche che illuminavano gli occhi.
In un rantolo, quasi incomprensibile, riaffiora dalla bocca l'ultima inutile risposta che s'era incastrata fra i neuroni artificiali del suo circuito di silicio.

Nel cimitero, un monumento funebre, alto quanto un fabbricato di quattro piani, si staglia fiero contro l'orizzonte.
Il sole si ferma ogni giorno ai suoi piedi per un saluto deferente.
La fotografia del sorriso del vecchio premier è larga come la piazza principale della capitale dello Stato fantasma.
Nessuno più si ricorda, ormai, più il nome del vecchio leader dimenticato.
Non sono passati più di tre giorni dal suo funerale.
Neanche i suoi più devoti seguaci hanno mai avuto la speranza della resurrezione.
Ormai è spirato e andato anche il terzo ultimo, inutile, giorno.
Il suo sepolcro resta vanamente immobile, ricolmo d'un sarcofago pesante.
La vita non abita qui.
Le guardie smontano anche dall'ultimo servizio.

... La troupe, stanca,  spense le luci.
Si mise in moto il furgone.
Restò la parola FINE, l'ultimo bagliore luminoso, ad ardere sullo sfondo della scenografia di cartapesta.
Il tempo, poco a poco, la inghiotte con difficoltà, masticando lentamente...
E alla fine non restarono che i titoli di coda ...
La produzione sta già scrivendo la sceneggiatura d'altri film.
In altri studi, si sta girando la storia d'altri Stati fantasma...

4 commenti:

  1. Questo dimenticare subitamente è la vigliaccheria di chi resta, che è succube quando il premier è in vita, ne ha quindi timore, lo denigra o esalta appena morto...è solo vigliaccheria, è da vivi che si lotta per le proprie idee.
    Ciao Piero...tutto bene a Londra?

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  2. La vigliaccheria non è solo quello che volevo raccontare.
    C'è una dimensione che trovo tragica nella realtà che ci circonda in questo periodo.
    Parlo dell'Italia, ma non solo della politica, anche se il personaggio di questa storia è un vecchio premier in disarmo.
    Non c'è molto vigore nei personaggi che fanno la politica oggi, qui da noi.
    Chi è un venditore porta a porta, bolso e rincretinito.
    Chi un bonario e spiritoso bagnino cantastorie, con un pò troppe amnesie.
    Chi un prete senza tonaca ma, come i preti veri, ipocrita e bacchettone quando gli fa comodo.
    Salto i contrabbandieri, i venditori al nero, gli infiltrati e i clandestini.
    Aggiungo solo - novità di oggi - i dottor Balanzone, dotti e sapienti, ma al servizio di qualche padrone.

    Io, cara amica mia, se ormai mi conosci un poco, sai che sto dalla parte degli Arlecchini e dei Pulcinella.
    Lo spirito così triste della politica mi preoccupa, ma non tanto per me, che resto sempre uno fortunato, uno che può vivere nel suo mondo culturale, nelle sue fantasie, nelle sue storie.
    Non soffro mai di solitudine, quando sto da solo.
    Mi preoccupo per quelli che hanno bisogno.
    Quelli che cercano un lavoro, quelli che devono conservarlo lavorando, inventandosi il futuro.
    Non si può più vivere con tanti parassiti addosso.
    Nè ho mai sopportato i servi veri, quelli che si sentono realizzati solo quando il padrone li prende a calci nel culo, quelli che vivono solo chiedendo al padrone l'elemosina di quello che gli spetta.
    Arlecchino e Pulcinella sono i padroni dei loro padroni, sono padroni della loro libertà, sono padroni della loro miseria.
    Non si venderanno mai a nessuno, anche se prenderanno botte e calci che faranno dolore e miseria.

    A Londra?
    Benissimo.
    Ti giro il link di alcune foto, vedi se si caricano da qui:

    https://picasaweb.google.com/113362131603185432136/Londr#

    Un salutone,

    Piero

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  3. Nel '79 di anni ne avevo diciotto, andavo ancora a scuola. Ma sentivo che già qualcosa stava cambiando, nella mia vita forse e anche in quello che mi girava intorno. Qualcosa mi piaceva, qualcosa meno. A diciotto anni hai già preso qualche piccolo spintone dalla vita, poca cosa, ma sufficiente per cominciare a vedere il mondo con altri occhi. Ma sei ancora intero e in piena corsa, non perdi l'equilibrio.

    Per la cronaca: Hair lo vidi al cinema. Mi piacque...e molto... ma già mi sembrava qualcosa di lontano. Io son nata vecchia amico mio, sarà stato questo? :-)Infatti detestavo le discoteche. Una volta ci andai, per sentire i New Trolls che lì avrebbero tenuto un concerto. Entrammo due ore prima per procurarci il posto migliore. Due ore da incubo. Mi dissi:-Mai più- e mai più fu. Non avrei resistito a fare il tuo lavoro :-)
    Ciao

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  4. scusami...ho sbagliato :-( il commento era per l'altro post...

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