27 dic 2012

PILLOLE AUTOBIOGRAFICHE (3)

Accessori sul comodino - da 123RF


Le pillole si sono mischiate.
Nel senso che, se di pillole si tratta, in questa bottiglietta ce ne sono di diversi tipi, marche differenti, cure (presunte) per malanni svariati.
Sul tavolino, a fianco al letto, questa è la terza bottiglietta, ormai.
Abbiamo curato, diciamo così, alcune malattie, quelle del 1959, del 1965 e del 1969, con il primo flacone e quelle del 1979 e del 1980, con la seconda.


Il film "The wall", di Alan Parker, è tratto dall'omonimo album dei Pink Floyd.
L'album è del 1979 (malattie già guarite), il film, invece, è del 1982.
Ancora un film contro la guerra, come Hair, che sta nella bottiglietta n. 2.
Forse, però, più un film sulla condizione umana, che la guerra annienta e distrugge.
Non solo nel corpo fisico.
Forse, soprattutto, è il lato psicologico, immateriale, l'interiorità dell'uomo ad essere distrutti dalla guerra.
E non solo i soldati.
Tutti, tutti coloro che vengono a contatto con la guerra, in un modo nell'altro, in qualunque modo, diretto o indiretto, ne vengono feriti a morte.
Coloro che pagano con la vita.
Certo.
Ma anche coloro che subiscono perdite e lutti di parenti, amici, cari.
Il mondo degli affetti è vittima dei bombardamenti come e più di quello delle cose materiali.
E, poi, coloro che subiscono danni, che si ritrovano senza più niente, retrocessi a reietti della civiltà, sfollati, asilanti, clanestini.
E coloro che si devono adattare ad una condizione animale senza comprenderne la ragione.
E anche coloro che sopravvivono, perchè nelle generazioni successive, devono convivere con il peso del dolore e del lutto addosso.
Dolore contro natura.
Lutto assassino.
Assassinio senza condanna.


Questo film non l'ho visto nel 1982.
Io non amo andare al cinema e non sono neanche sicuro che nella città dove abitavo, in quell'anno, l'abbiano effettivamente proiettato.
Ero, nel 1982, ormai universitario... di rigetto...
Abitavo in una cittadina del litorale laziale.
Cercavo di rimettere insieme i brandelli di una vita che era stata morsicata dalla sorte.
Ero, dicamo pure, una specie di sopravvissuto ad una guerra tutta personale.
Avevo scansato, per pura fortuna, il terribile terremoto che colpì l'Irpinia, il Sannio e tante altre terre adiacenti e limitrofe nel 1980.
La mia famiglia si era trasferita nella cittadina laziale sul litorale di Circe per trovare una stabilità "psico-logistica" che non era stata capace di percepire dalle tracce che la vita aveva lasciato fino a quel momento. Avevano lasciato, da giovani, loro, quelli che sarebbero stati i miei genitori, i loro paesi d'origine.
Lui, papà, aveva lasciato le campagne pugliesi bruciate dal sole del Salento.
Il fratello maggiore, partito per il fronte.
Prigioniero di guerra,  era ritornato proprio come Gennarino in Napoli Milionaria! di Eduardo de Filippo. All'improvviso, stanco, affamato, distrutto nel corpo e nell'anima.
Lei, la mia mamma, è l'unico membro del suo gruppo familiare a non essere emigrata in America.
Nella mitica America. Gli States. New York. La Statua della Libertà. La porta del futuro.
Avevano lasciato un piccolo comune al confine fra Lazio e Campania, ridotto in macerie dalla guerra.
Il loro progetto di vita, l'intero loro orizzonte di vita, era stato distrutto dalla guerra.
Il passato delle tradizioni, degli affetti, dei parenti, amici e conoscenti, lo stesso archivio comunale erano trasformati in macerie dalle bombe, dalla guerra, dal dolore, dalla paura, dalla povertà.
Per tutti, era la mancanza di speranza.
Chi aveva pensato di emigrare in Italia, chi in America ...
Nel 1980 la mia famiglia aveva deciso di piantare, finalmente, le sue radici, dalle parti in cui sarebbero dovute esserci già piantate quelle di mamma.
Ma lì non le trovarono.
Però la vita fece un altro corso...


Comunque...
Nel 1980, scansai il terribile terremoto di novembre.
Ero partito dal territorio campano a settembre.
Non riuscìi, comunque, a scansare il terremoto che travolse la mia vita nel 1981.
Ad agosto.
Non importa raccontare cosa avvenne esattamente.
Da settembre, ormai, avevo addosso il dovere di diventare un uomo.
Vedermi le cose dal punta di vista di chi non deve più chiedere di crescere, ma, piuttosto, di chi ha il peso di decidere.
Ma io mi presi tutto il mio tempo.
Nel 1982 stavo ancora rimettendo a posto il mucchio di macerie.
Qualcosa andava comunque bene, la mia vita era su un binario lavorativo ...
Certo, da precario...
Un precariato, però, con una certa stabilità di prospettive...
Ho assaggiato, allora, diciamo pure, il futuro dei giovani d'oggi.



The wall.
Questo film, probabilmente, nella piccola città di mare dove vivevo, non sarà mai arrivato nelle sale.
Una o due che fossero, le sale.
Comunque, a me i film non piacevano, andare al cinema mi deprimeva.
E anche oggi non vado quasi mai al cinema.
Invece i Pink Floyd mi piacevano.
Erano stati il mio gruppo musicale preferito.
Durante gli anni del liceo avevano suonato la colonna sonora del mio film, quello della mia vita.
Ma li conoscevo soprattutto musicalmente.
Non avevo molte nozioni dei loro testi, delle loro liriche, delle loro vicissitudini.
Eppure non sono mai stato un disinformato.
Leggevo il quotidiano quasi ogni giorno fin dai sedici anni.
Almeno uno!
Ho comprato, tanto per dire, il primo numero di Repubblica, quando uscì, nel 1976.
Compravo spesso il Manifesto, qualche volta, anche altri giornali.
Ma non c'era internet, allora.
Le traduzioni ... o conoscevi la lingua oppure... niente.
Io, niente.
Per questa ragione, quando mio figlio, al tempo in cui era liceale,  mi ha fatto scoprire il film scaricato ... illegalmente (si può dire?), sono rimasto sinceramente sorpreso.
Anzi, positivamente meravigliato.
Il mio mondo interiore, anche qualcosa della mia vita - che passa anche attraverso di lui, mio figlio - era diventato parte di un film, e con quale forza.
Cosa aggiungere di più?
A questa versione del film hanno aggiunto anche i sottotitoli in italiano delle canzoni !

4 commenti:

  1. Io il film lo vidi, ma non me ne ricordavo molto. Ora guardando questo video, alcune scene mi sono familiari. Scene forti sicuramente, d'effetto. Forse varrebbe la pena rivederlo ora.
    Bella questa idea di ripercorrere un po' la tua vita con l'accompagnamento della tua musica di quei periodi. Forse anche da quel che ascoltavamo si può capire come siamo diventati. E' vero, i testi non si comprendevano, ma la musica dava comunque suggestioni. E poi vedi...non si finisce mai d'imparare...anche dai propri figli... :-))
    Ciao, un abbraccio

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  2. Cara Patrizia,
    oggi non credo che troverebbero più un produttore, i Pink Floyd, nè per la musica nè per il film.
    Forse varrebbe la pena proiettarlo nei cinema ora.
    Ci sono alcune scene che tutti dovrebbero vedere, perchè mostrano come siamo diventati carne da hamburger. Quella scena, quella parte degli alunni che si ribellano al professore, la marcia che finisce nel tritacarne, sono la metafora esatta di quello che è accaduto.
    Poi, secondo me, la storia è un pendolo, e succederà che prima o poi tornerà ad oscillare dall'altra parte, quella che mi piaceva tanto... ma già così siamo stati fortunati abbastanza ad aver visto, vissuto un periodo ricco di creatività e di energia come quello che, negli anni 80 si stava chiudendo.

    Si, è vero quello che dici, penso pure io che in parte siamo quello che oggi siamo perchè la musica - tra le altre cose - ci ha fatto diventare così.
    Tu l'hai detto in modo più preciso: dalla musica che ascoltavamo/ascoltiamo si capisce qualcosa di ciò che siamo (e, aggiungo, che siamo stati).
    I testi li scopro ora.
    Certo la musica ci apriva orizzonti magici, perchè è magia, la musica. Magia vera.
    Ma scoprirli è comunque una meraviglia.
    Danno l'idea più precisa di quella realtà.
    Diversa, peraltro, da come me l'ero immaginata.
    Non sempre, anzi, quasi mai, i testi che sto scoprendo hanno qualcosa di simile a quello che - vagamente - m'immaginavo ascoltandoli...

    Si dai figli si impara. E' sicuro.
    Sono una miniera inesauribile a cui attingono prima di tutto i genitori.
    Ma tu, in mezzo ai bambini, a scuola, questo lo sai già.

    Un abbraccio,
    Piero

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  3. Non ho visto il film, non lo ricordo, io amante dei film ora non mi piacciono più, internet per me ha ucciso il cinema e la tv e non i libri.
    Credo di aver capito il tuo terremoto d'agosto, certo tu eri molto giovane per uno strappo tale, la verde età per te è divenuta subito marrone.
    Un abbraccio al Piero di allora.
    Sai che sto scrivendo delle pillole di diario?
    L'idea me l'hai data tu.
    Ciao e TANTI AUGURI DI UN BUON 2013

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  4. Cara Paoletta,
    grazie sempre l'affetto.
    Sai, il terremoto, il mio intendo, ha contribuito a farmi diventare adulto.
    Oggi mi reputo una persona fortunata.
    Nella vita ho conosciuto il dolore, più o meno quello che sta nel ciclo naturale di una persona della mia età.
    Non si può trasformare in altro, nè si può dimenticare.
    Ma forse si può dire che è come uno dei componenti con cui costruiamo il nostro edificio
    Ma ho conosciuto anche la gioia, quella di una vita stabile, sicura.
    La felicità, se posso dire cose di questo genere (ma oggi, alla chiusura dell'anno, forse posso,) è l'equilibrio fra queste cose.
    Dai, Paolè, stasera voglio esagerare: poi ho avuto il dono di sapermi perdere e ritrovare nei miei sogni. Costruirli, provarci, almeno, ti dà la certezza di toccarli, che ci sono, che sono reali...
    E questo è.
    Non voglio fare un vero diario, anche se questo blog è un pò più libero.
    Queste pillole autobiografiche vogliono raccontare, attraverso i frammenti della mia vita sparsi qua e là, qualcosa che unisce chi scrive a chi legge.
    La musica, i film, le cose accadute e raccontate, sono come dei ponti, per unire ciò che siamo.
    Perchè noi siamo fatti di tanti mattoncini e molti di questi mattoncini li abbiamo in comune, appartengono a tutti.
    Così, succede, che non ognuno di noi non è un'individualità separata dagli altri, ma siamo un organismo ... misto...
    Questo vorrei raccontare.

    Intanto, un bacione, Paola, e un augurio di felicità per l'anno che entra. A te ed ai tuoi cari!
    Piero

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