21 set 2013

OGNI COSA AL SUO POSTO

Aron WIESENFELD - EARLY (2008)
 http://www.aronwiesenfeld.com/paintings/Early.html


Ogni temporale compie un incesto.
E' il tuono, mascolino e prepotente, guerriero roboante e fanfarone, veterano ferito e mutilato disperato, in cerca, sulla terra, del suo bottino riparatore.
O il dardeggiante giavellotto della vampa ch'elettrica accende di lampi la volta celeste.
Prede preferite son le giovani inesperte creature.
S'insinua, il martellante batacchio, che risuona per gli spaz'infiniti, violento e indifferente, nella vergine piega della terra che, vana, tenta d'opporrsi.
E senza urla, nè lacrime, alfine, cede tremante.
E s'arrende.
Conoscendo, così, il peccato originale.
L'offesa che la voce straziante del cielo infligge alle sue creature.
Nulla può, tenerezza.
Il verde germoglio nascosto sotto le labbra rosate del solco trema.
Impotente.
Forza, lo sovrasta, a cui non è dato resistere.
E' la profumata pelle zuccherosa della gemma, insicura, ancora, sul suo pendulo ramo, appesa, incerta, alla vita, prim'ancora di conoscer l'amore, costretta al martirio.
Non v'è di santità consolazione, nel mondo.
Quelle son illusioni dell'uomo, povera bestia, ch'abbisogna di meste menzogne.

Ma v'è anche il piacere a turbar il quieto scorrer dei giorni.
La vecchia, rugosa, polvere secca, che ricopre, coltre barbuta, la glabra crosta dei viali delle città impaurite dal sole che picchia come un ossesso titano, sta lì, lubricamente distesa ad attender il primo arrembante assalto d'amore del temporale che rompe l'estate.
Stanca, dall'attesa stremata, vegliarda esperta d'amore, pubblicamente espone le sue oscene cosce pelose, le larghe natiche aperte, il suo sconcio sesso assetato.
Sta lì.
Battona, a chieder al primo che passa:
"Prendimi, son tua.
Non voglio in cambio null'altro che suggere il succo tuo, goccia di linfa, estratto d'essenza vitale".
E quello, il tuono, che tromba rumoroso prim'ancora ch'il temporale sgoccioli sugosi scrosci sinuosi, neanche ci pensa.
Nudo, mostra la sua tempra possente.
E lordo muove le flaccide carni distese.
Poi, distratto da chissà quale altra partita lontana, s'allontana, lasciando intatte le voglie dischiuse, disfatte.
Madidi gemiti rochi s'odono in cielo, in quei momenti d'intensi spasmi di voluttà negata d'imperio.
Finchè giunge, infine, a liberar la tensione che smorfia la terra, il gran cavaliere che porta la pioggia, coi rullanti zoccoli duri e l'asta indurita del giavellotto che squarcia le nubi.
Geme allora la terra.
E su di essa, l'amplesso dilaga dal cielo.

E v'è anche un piacere nascosto.
Del giovane giunco disteso che beve la pioggia, dopo il grande spavento del grande frastuono del banditore rombante ch'annuncia tempesta.
E' inesperto di fronte alla vita.
L'innocenza è pallida, tenera, lieve carezza che sfiora, tremante, il desiderio che si protende fuor dal mistero.
E' curiosità.
Impacciati movimenti imbevuti d'ignota tensione.
Correnti che scorrono impetuose dove l'occhio non può giungere a dare sollievo, nè il pensiero, nè ancor l'esperienza del corpo maturo.
E' la pura forza della natura che s'apre, senza sapere, ancora, di colpe, tradimenti, peccati.
E' l'innocenza che s'impone sul mondo macchiato dell'uomo.
Per una volta soltanto, per quella volta e mai più, potrà ancor farlo con tanto ardore sublime.
La nervosa tensione si scioglie  man mano ch'il corpo cerca, scopre, obbedisce alle voglie nascoste sotto il virgineo velo nuziale.
Il rosso manto del sogno nascosto nel cuore s'espande e bagna lo stelo del giovane giunco.
Il flessuoso corpo si flette, sovrastato dall'impeto d'ignote sensazioni impreviste.
Una sconosciuta volontà si scopre posta al centro del ventre.
Irresistibile, prend'ella il comando.
Il giunco si tende.
Tocca il cielo.
E' immenso, infinito.
Il cosmico arco d'amore unisce la bambina che donna, ormai, s'è fatta, irresistibile Diana celeste, e l'eterno flusso ancestrale della linfa che scorre di madre in figlia, dall'inizio dei tempi.
Il sempre ha preso, ormai, il posto del mai.

Ogni cosa, ora, è finalmente al suo posto.
La frutta matura.
La man che senza peccato la colse.
Guidata dalla fame insaziabile che sospinge la rotazione innocente dei mondi.
L'incolpevole flusso lunare, che tinge, a cadenza, la sua faccia, a volta, di sangue e, a volta, d'amore.
Ogni cosa, adesso, è finalmente posta al suo posto.
Così pensava, senza saperlo, il corpo del giovane giunco che, intanto, si stava specchiando, alto e diritto, nella luce che brillava negli occhi del suo fiero principe azzurro.
Ogni cosa ora, è messa finalmente al suo posto.
Pensava Charlie, che guardava, felice, ma senza capire.
Guaiva, scodinzolando la sua coda di cane randagio.
Aveva trovato i suoi amici col cuore smarrito, sperduto, perso nell'atro, vuoto, terrore.
Ma ora, finalmente, ogni cosa era stata messa al suo posto nel mondo.
Si, ogni cosa, ora, è stata messa al suo posto dalla mano del cielo.
Questo pensava, col cor sollevato, il celeste principe azzurro, aggiustandosi un pò, con la man sollevata, la lunga chioma canuta ancora discinta che, a dire il vero, pareva sempre quella d'un vecchio.
Il ciel l'ha voluto.
Il temporale.
La ghiaccia paura.
Il salto nel vuoto.
L'abisso.
Il desiderio.
Il corpo ferito.
L'amore.
Cavalier, alfin, vincitore.
E' la vita che uccide la morte.

Così, quella famiglia, resa sacra dal cielo, principiò a camminare nel mondo, lasciandosi dietro, morte, le spoglie di due umane apparenze.
Cosa faranno, ora, andandosene libere in giro, ancor non si sa.
Forse non è neanche importante.
Le avventure finiscono dove la vera vita comincia.
Il mistero sta sempre nascosto, acquattato, dietro un'immobile attesa.
E la vita, la vita, il suo mistero, non stanno spesso nascosti dietro un'immobile, insignificante, esistenza in attesa? 
E non è meraviglioso scoprir cos'è che vive nascosto dietro questo immenso mistero?
L'intervento del cielo può, a volte, finire per esser provvidenziale.
Come s'è visto, lo fu, quella volta, nella piccola, immobile, città che giace ancora laggiù.

3 commenti:

  1. Non so perchè, mia cara Patrizia, il tuo commento a questo post l'ho ricevuto sulla mail, ma non compare sul blog.
    Allora, lo copio.
    E dopo ti rispondo.
    Così ripristiniamo l'ordine delle cose.
    E così...
    tutto è a posto...

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  2. patrizia ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "OGNI COSA AL SUO POSTO":

    Non ti nascondo che ho tirato un sospiro di sollievo alla fine di queso racconto. Nel senso che tale è la forza e l'energia con cui descrivi, che si sente nascere dentro quasi un senso di paura. >Poi d'improvviso tutto si placa e sembra tornare apparentemente normale. La vita appunto, che ti riserva imprevisti anche quando pensi che i giorni sono e saranno sempre uguali a se stessi. Esistenza in attesa dici...Sì, ma in attesa di che cosa? che cosa aspettiamo? Ognuno di noi qualcosa di diverso, ognuno di noi sa il suo...oppure tutti abbiamo qualcosa che ci accomuna? E poi ci sono anche quelli, non dimentichiamolo, che non aspettano più nulla...
    Megio forse non aspettare nulla e prendere ciò che viene, nel bene e nel male? Starò diventando fatalista o forse lo sono sempre stata? Ohi, ohi, mi sono persa....

    Questo tuo racconto mi fa tornare in mente una canzone. ora lo so, ti sembrerò rompiscatole, una di quelle che fan sempre la lagna...me ne scuso... mi rendo conto d'essere a volte pesante in questo mio aspetto del carattere. Comunque sia questa è la canzone.

    http://www.youtube.com/watch?v=Ee8XiILtHaU



    P.S. Non te l'ho ancora detto, presa dalle mie farneticazioni. Bellissimi racconti, scritti bene, pieni di energia...quell'energia che a volte rasenta forse l'eccesso, ma che è sintomo di linfa vitale.
    Un abbraccio :-)
    un abbraccione

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    1. Ecco, ed ora posso rispondere.
      Beh, la canzone la conosco bene.
      Io tuoi gusti sono molto vicini ai miei.
      Pensa che qualche settimana fa ce l'avevo ancora sull'mp3. Poi ho riordinato un pò di musica e l'ho tolta.

      Aspettando Godot, come sai, è anche Beckett.
      Teatro cosiddetto dell'assurdo.
      Sempre tempo fa.
      Opere che parlano dell'attesa.
      Che resta una faccia della nostra esistenza.
      Noi viviamo e vivendo andiamo avanti.
      Dire che andiamo avanti è come dire che procediamo lungo una linea retta, in una direzione più o meno precisa...
      Ma non sono propro sicuro che sia così.

      Tuttavia l'attesa non è in contraddizione con il procedere della vita.
      I due processi sono e possono essere diversi.
      L'andare avanti è un processo biologico.
      E poi cronologico (anche se il procedere del tempo è un fenomeno psichico).
      L'attesa, invece, e nella dimensione dello spirito.
      E' su altro piano.
      L'attesa è una faccia del mistero del vivere.
      Non lo possiamo spiegare.
      Nè il mistero.
      Nè l'attesa.
      Io lo so, per come ti conosco, che tu vivi sia quel mistero di vivere che quel senso dell'attesa che appartiene alla vita.
      Ed è in quella dimensione dello spirito che accade una forma della vita tutta speciale.
      No?

      Tu mi chiedi, cosa aspettiamo?
      Cos'è quell'attesa?
      Non lo so, no so rispondere esattamente.
      Aspettiamo. Tutti aspettiamo.
      Forse è solo un altro modo di dire che cerca di esorcizzare le nostre grandi paure, quella dell'ignoto che ci si para davanti dato che non possiamo prevedere quello che ci accadrà di qui in poi, e la paura di morire, che è l'unica nostra certezza, ma anche la più grande paura.
      E allora l'attesa è forse esorcismo.

      Ma io non scrivo di questo esorcismo.
      L'attesa, è una dimensione che mi affascina.
      E' quella vita che accade tra una sistole e una diastole, passami questa espressione.
      E' ciò che accade tra un respiro e un sospiro (che rende meno bene).
      E', se vuoi, l'esplorazione dell'inconscio, di quello che è sepolto dentro di noi e che attendiamo faccia capolino, inatteso, improvviso, imprevisto.
      Non è l'attesa di eventi esterni.
      Quella riguarda gli spiriti concreti.
      io sono un sognatore, invece.
      e la mia attesa è questa scoperta.
      Che non accade a comando.
      E' una "invenzione", nel senso di una cosa che ci si ritrova davanti (dall'invenio dei latini) improvvisamente.
      Ma poichè, nella vita, ho imparato che questa "invenzione", oltre all'imprevedibilità, ha anche una sua puntualità quasi inesorabile, ecco, allora mi piace esplorarla.

      In questo racconto tutto è attesa.
      Ma tutto, poi, infine, accade.
      Ineluttabilmente.
      Anche ciò che la morale dovrebbe condannare.
      Ma la natura non è soggetta alle leggi morali.
      E questo è quello che volevo poi dire.

      Un caro saluto e un abbraccio,
      Piero

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