26 nov 2012

L'ILVA CHIUDE

CHIUDE L'ILVA

vedi videonotizia


Infine il mostro il suo pasto divora.
Morti per fame o  morti per lavoro.
Ai poveri cristi non è data altra via.
Il destino dei poveri non conosce pietà.
Attaccati a quei chiodi in cima alla croce, 
muti, i morti, restan, solo attoniti, vermi,
i poveri nella città. Son vuote le case, ora,
il chiasso dei bimbi in lento pianto si spegne.
Laggiù erutta la bocca fumante del mostro
le ultime vampe. Muore anch'essa, la bestia.
Non ingoierà più le sue vittime. E' tutto finito.
Gemono i candidi agnelli e invocano invano
il coltello carnefice che ieri in gola sgozzava.
Siccitosa è la sete, arde la gola. Arida polvere
ormai s'è fatta la terra, nè più l'ingravida il sole. 
Lenta soggiunge col suo povero manto la fame.
Tutto ricopre, come un veleno di polvere nera.
Ora è solo la morte. E segnata, indegna, la sorte.

2 commenti:

  1. E' un tema difficile questo...molto difficile...Certo è che a pagare sono sempre i lavoratori, per scelte che forse avrebbero potuto prendere altre strade e causare meno danni. Scelte che non so a quali interessi siano legate, perchè non so il motivo, ma ho la netta sensazione che ci sia dell'altro sotto. Credo sia ora...sia ora...e tu mi capisci...
    Ciao Piero.

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  2. L'ho messa in poesia forse perchè la poesia non ragiona ma va dritto al cuore del problema.
    Se ci mettiamo a riflettere sul caso ILVA credo che non si possa che trovare dei colpevoli.
    Colpevole chi ha costruito una fabbrica di veleni.
    Colpevole che doveva controllare sulla salute di tutti.
    Colpevole chi è intervenuto con colpevole ritardo su scelte colpevoli che hanno mietuto colpevolmente vittime innocenti.
    Sono morti operai, cittadini, uomini, donne, bambini...
    E' morta gente che non aveva altra colpa se non quella di voler lavorare per vivere.

    Adesso si fa avanti la giustizia.
    La fabbrica è lì da decenni, era una fabbrica dell'IRI e ora è di un padrone.
    Era una fabbrica di veleni quando era dello Stato e lo è rimasta quando è andata in mano al padrone privato.
    Si moriva quando il padrone era lo Stato e si continua a morire ora che lo Stato non è più il padrone.
    Nessuno è stato messo sotto processo quando quei morti morivano.
    Sono passati decenni.
    Ora la giustizia ha deciso che è il momento di far morire di fame quelli che non sono morti di lavoro o di veleno.

    La fabbrica chiude.
    Adesso è passata la tempesta a prendersi l'ultima vittima.
    Lassù, in cima a quella gru che la tromba d'aria ieri ha spezzato,c'era l'ultimo cavaliere solitario, che non voleva morire. Nè di fame, nè di lavoro, nè di veleno.
    Lui voleva vivere.
    Come tutti quelli che sono morti, laggiù.

    Ora cosa si farà?
    Il padrone della fabbrica si è comprato la vita degli abitanti di un'intera città, oltre a quelle dei lavoratori che venivano da tante città diverse.
    Lui era il padrone perchè si poteva comprare quelle vite.
    Ne poteva fare ciò che voleva.
    Poteva anche decidere di arricchirsi di meno mettendo in sicurezza la fabbrica.
    Ma ha pensato che era meglio arricchirsi di più.
    La giustizia dov'era in tutto quel periodo?

    Ecco il link dello studio epidemiologico che ha tanto scandalizzato il ministro della salute:

    http://www.epiprev.it/materiali/2012/Taranto/Concl-perizia-epidemiol.pdf

    Non trovi che tutto ciò sia doloroso?

    Per questo forse l'ho messo in poesia.

    Un abbraccio,
    Piero

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