13 mar 2013

FIABA DEL SOLDATO

CROCE SU UN MURO DI LONDRA photo by pierperrone


In alto, là sulla croce, il fremito del corpo non fu molto evidente.
Era buio e il freddo della sera primaverile si era fatto più intenso dopo che il sole era sceso a nascondersi nelle viscere della terra.
Neanche il soldato di guardia, ormai, alzava più gli occhi verso quel legno appeso sopra la cima del monte.
Aveva rinfoderato la spada.
La lancia, ancora sporca del sangue fatto sprizzare dal costato con un colpo vigliacco, stava piantata nella terra dura come un cimelio, o come un segnale di morte. Lì accanto, il cimiero con la spazzola rossastra, sembrava, nell'oscurità, un mostruoso trofeo di guerra.
E invece era vuoto, vuoto come è vuota ogni vittoria conseguita in ogni battaglia.
Al primo entusiasmo, che fiotta ad ogni colpo mortale di spada come un orgasmo intrattenibile, segue la spossatezza del vuoto e poi la disperazione, come se uccidere un nemico non fosse altro che uccidere se stessi, tante volte quante sono le vittorie negli scontri sul campo di morte.
Una morte che non ha mai fine.
Una morte che non vuol dire riposo eterno.
Una morte lunga come la più dolorosa delle torture.

Il soldato teneva il bicchiere stretto fra le mani.
La mistura che mandava giù nella gola bruciava, ma non riusciva a dargli l'ebbrezza che cercava, nè l'oblìo che agognava.
Il corpo appeso ai chiodi infilati a colpi di sassi nel duro legno si era afflosciato di lato, come un sacco gonfio che non si tiene in equilibrio.
Le braccia restavano rigide e lunghe, distese, come rami storti e secchi.
Le ferite dei chiodi, alle mani, si erano allargate, facendo diventare le piaghe come grandi occhi ciechi.
I piedi, incrociati uno sopra l'altro, erano stati schiacciati dai colpi che avevano incassato il lungo chiodo centrale fino in fondo al tronco, dallo squarcio della ferita era zampillato un sangue rosso leggero e liquido che subito si era mischiato con la polvere grassa, per terra, e la terra, avida, subito aveva bevuto quel nettare, l'aveva inghiottito come fosse affamata da sempre.
Il soldato addentò la forma rotonda di pane schiacciato con la stessa fame con cui la terra si era saziata, vorace, di quell'impasto impuro di uomo e di morte.
Il bolo, nella gola del soldato si era indurito quando aveva sentito, nel buio, il gemito del corpo straziato appeso in cima alla croce.

Un'ombra era passata, là, sulla cima del monte, in quella lunga sera di morte.
Un'ombra che il soldato non era riuscito a vedere.
Forse il vento l'aveva spinta fino a quell'altezza , in quella sera di freddo servizio di guardia.
Fare la guardia al corpo di un morto, per un fiero soldato, era la pena più grande.
Nessun morto può sfuggire al suo destino, pensava il soldato mentre aspettava che le ore del turno finissero il loro giro di ronda.
Nessun corpo è mai sceso giù dalla croce dopo la fine della lunga agonia.
Il vento era freddo, come una triste angoscia che striscia nel buio.
I brividi scossero il soldato nella sua corta tenuta da battaglia leggera.
Lo scudo appoggiato ai piedi del legno infisso per terra ri rovesciò di lato, come spinto da un demone vile che si nascondeva nel buio.
Il corpo, là, sulla croce, fremette, come se un brivido l'avesse percorso, una corrente, un lampo, un sussulto.

Un lampo saettò dal nero del cielo.
Un attimo che accecò il buio della notte.
Negli occhi del milite comparvero gli spiriti di mille fantasmi.
Le nuvole nere perdute nel nero del cielo furono squarciate dal tuono, possente come la possente voce di un dio.
Sarebbe fuggito a gambe levate se non fosse stato un soldato già sfuggito ai mille agguati di mille battaglie.
L'agguato più vile era sempre quella della paura.
Di notte, la guardia ad un morto; non era questa la gloria che chiedeva un soldato al suo generale.
Il bottino non poteva essere quello di un giovane corpo straziato o le lacrime amare di una giovane madre inginocchio.
E neppure il pianto di un'amante lasciata a perire nello strazio di un amore perduto.
Un soldato non fugge dinanzi al nemico.

Nel buio della notte il corpo lento si mosse, là, sulla croce.
Ondeggiò un poco, sospinto dal vento.
La lunga chioma unta di sangue, di sputi e di sangue fu scossa, tremò.
Il lembo del panno che era stato appoggiato sul volto afflitto del morto fu sollevato dal soffio del vento leggero che giunse dalle profondità del corpo ghermito dai mostri notturni.
Un tanfo si sparse d'intorno, come se fossero state aperte le porte dell'Ade e ne fossero state vomitate le putrefatte anime dei morti.
Il soldato si spinse forte le mani sugli occhi e poi sul naso.
Un rumore lontano si passi lo rapì per un istante, distogliendolo dai pensieri d'angoscia che gli vagavano in testa.
Un'idea precisa, un nemico, un agguato, sembrava riportare al soldato il sangue alle mani, le mani alla spada, la spada alla gloria.

In un attimo il soldato fu rovesciato per terra.
A terra crollò il lungo legno a cui era appeso il corpo del giovane morto.
Un terremoto agitò la cima del monte.
Nella pianura lontana le case di misero fango si disfecero travolgendo gli abitanti ancora presi dal sonno.
Le bestie muggirono e belarono e abbaiarono disperatamente al buio che portava il vibrante odore di morte.
Una lunga fenditura si aprì, come una ferita profonda, nelle carni della terra, là, ai piedi del monte.
Fu ingoiato il corso del fiume.
Il tempio, lontano, fu abbattuto da uno scossone più forte.
Il soldato imprecò.
La bestemmia si levò forte ma si perse nel disordine che regnava sovrano, ormai, là, in quella terra lontana.
Dalle finestre lontane del cielo, soddisfatto, sorrise il dio crudele dei terremoti.

6 commenti:

  1. Non amo il simbolo della croce, all'inizio del cristianesimo non esisteva,venne poi il Cristo crocifisso trionfatore e poi le crocifissioni tragiche e spaventose, questo simbolo lo introiettiamo e così accettiamo la croce...sarebbe ora di cambiare questo simbolo.
    Ciao Piero.

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  2. Ma Paolè qui la croce non è un simbolo e neanche si parla di religione.
    E'... un tromp l'oeil, chiamiamolo così.
    A quanto vedo, è riuscito.

    Un abbraccio,
    Piero

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  3. Caro Piero, ti dico cosa ci leggo in questo racconto che inevitabilmente porta il pensiero alla figura del Cristo a cui sicuramente anche tu hai pensato. Alcuni riferimenti poi sembrano confermarlo: la madre e l'amante piangenti, inginocchiate ai piedi della croce, quel tuono finale che paragoni alla possente voce di un dio.
    Poi però mi rendo conto che forse, non è questa prima immediata lettura quello che emerge e il secondo strato mi fa pensare a una sorte di monito: le ambizioni umane, quelle negative, quelle che portano ad accettare ogni nefandezza pur di vivere piccoli momenti di una gloria che gloria non è, queste ambizioni dicevo, che diventano un boomerang che colpisce alla fine, proprio chi le ha nutrite.

    C'è poi, aldilà di questo tentativo di lettura che ho cercato di fare, quasi un momento comico (perdonami...non prenderlo come uno sminuire il tuo scritto, non è questa te l'assicuro, la mia intenzione): quella croce con il suo carico che cade in testa al soldato, la sua morte causata da questo, per un attimo, mi ha fatto sorridere...

    Un altro pensiero che mi è venuto, leggendo il tuo racconto è che il protagonista qui, non è tanto l'uomo sulla croce, quanto il soldato. Quasi un rovesciamento di prospettiva, un fatto così terribile, visto e vissuto dalla parte del "cattivo" in cui forse, tutti noi, in qualche modo, possiamo riconoscerci.
    Questo mi piace e sai perchè? Perchè spesso e in modo particolare in questo mondo virtuale, tutti tendiamo a mostrarci belli, buoni e bravi, pieni di virtù e puri. Beh, qui invece ci ho letto in fondo la verità. Noi siamo quel soldato.

    Qui probabilmente ho divagato, ma ti ho detto i pensieri che mi son venuti leggendo il tuo bel racconto e tra essi c'è anche questo.

    Ciao Piero, in abbraccione.

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  4. Cara Patrizia, prima di tutto auguri.
    Oggi e il tuo onomastico. Auguri.
    Dopo passo da te e te li faccio anche ... a casa tua, gli auguri.

    Per il commento alla fiaba del soldato.
    Molto, molto ci hai preso, amica mai.
    Il soggetto non è la croce ma il soldato.
    Lui è al centro del racconto, perchè è lui lui che vive le emozioni di ciò che accade.
    Il povero giovane crocifisso potrebbe essere il Cristo, ma non lo è.
    Sono stati tanti i giovani sacrificati in quel modo crudele, migliaia certamente.
    Erano colpevoli? Per èagare con un supplizio come questo dovevano essere colpevoli di una colpa estrema.
    O erano innocenti?
    Per un supplizio così disumano non può esistere una colpa sufficientemente grave; è sempre gratuito. L'assassinio è sempre gratuito.

    Io qui non racconto della colpa, nè del peccato, nè del supplizio, nè del sacrificio.
    Qui, come hai detto proprio bene tu, è l'uomo comune il soggetto, è il soldato, che ha fame, mangia, impreca, è insoddisfatto, ha paura, vorrebbe scappare e ppure neanche lo fa.
    E' come tanti di noi, a guardia disonorevole di qualche morto senza nome che un'infame giustizia ha sacrificato senza un perchè.
    Siamo soggetti di una storia senza che le nostre azioni abbiano valore alcuno nella scrittura degli eventi. O, se non proprio nessun valore, il nostro contributo è lo stesso che un comune soldato, scampato alla morte in battaglia, un eroe della normalità, ma ancora scampato vivo dall'inutile sacrificio che stabilisce l'Eroismo inutile dei morti, ecco, se non proprio un contributo zero, noi diamo il nostro contributo di eroi normali, gente che vive ogni giorno portandosi appresso la sua voglia di gloria e la sua insoddisfazione di una guardia ad un morto. Senza alcuna gloria. Come quelli che in guerra, nella battaglia campale, hanno il gramo destino di pulire le latrine o pelare le patate.

    Ma c'è un'alta chiave di lettura di questa nornmalità.
    Il racconto, la fiaba l'ho scritta per l'elezione del nuovo papa.
    Il soldato che racconto è uno di quelle migliaia di inutili pellegrini che stavano in piazza a guardare la fumata.
    Inutili guardiani di una storia che si alza e corre via nel vento.
    Ma quando li hanno intervistati si sentivano testimoni della storia: testimoni che in cuor loro dovevano provare la stessa insoddisfatta frustrazione del povero soldato di guardia alla croce in una inutile notte di temporale.
    Il povero corpo in corce era la chiesa?
    Era il papa Francesco?
    Era la voglia, il desiderio che la Storia passasse a fare pulizia anche dietro le mura in cui si nascondono i peccati di pedofilia, simonia e superbia del potere?
    Io questo non l'ho scritto.
    Perchè il corpo sulla croce non era il corpo di un Cristo.
    Poteva sembrare.
    Ma non lo era.
    E così, poteva sembrare che il racconto fosse la storia dell'oggi.
    Ma non lo era.

    Comico.
    Nessuna offesa, cara Patrizia.
    Proprio nessuna offesa, anzi.
    Era divertito anche l'occhio del dio dei terremoti che si godeva la scena di laddietro.
    Comicità, ironia, sarcasmo.
    Non lo so.
    Non importa neanche saperlo.
    Un lieve sorriso per sopravvivere alla crudeltà di questo periodo.
    Quello è indispensabile.
    Sennò non si può vivere.
    I morti, le distruzioni, le vergogne della storia che stiamo vivendo, ostentando le nostre vergogne come le nude pudenda di un popolo in braghe di tela...
    Il post su Napoli, sulla città che è al tempo stesso la città dei vivi e quella dei morti, sta ancora attaccato qua sotto: il dolore del fuoco ci ha solo risparmiato iòl pianto di qualche morto bruciato. Ma è stato solo un fortunato caso della storia.
    Così, il sorriso ci serve per aspettare un domani che speriamo sia migliore.

    Cosa altro, se no?

    Un bacio a te, amica mia.
    Piero

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  5. Sarcasmo. Ecco, questa forse è la parola giusta, per quell'irriguardosa sensazione provata mentre leggevo quelle righe. Un sorriso, amaro forse, ma sempre un sorriso.
    Divagando dal tuo scritto che giustamente tu hai voluto mettere al di fuori di un contesto religioso, dico che tanto entusiasmo oggi si respira in ambito ecclesiastico e religioso. Questo guizzo di speranza l'ho sentito anch'io, da non credente e laica fino al midollo, l'ho provato anch'io. Non esprimo giudizi sulla figura tutto sommato accattivante, di questo papa. Leggendo un po' chi è, qual è la sua storia, c'è da sperare in qualcosa di buono ma, secondo me, in parte non vorrà e in parte non potrà fare quello che forse tutti ci auguriamo. La chiesa ha bisogno di rifarsi il trucco e lui è un ottimo strumento. Ovviamente il tutto è solo un mio personale parere, che spero ardentemente di dovermi rimangiare.
    Un abbraccio

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  6. Si, anche a me ha colpito molto questo nuovo papa.
    Già il nome è una assoluta novità e anche una provocazione, chiamiamola così.
    E poi la provenienza. In fondo la chiesa sudamericana resta quella più aperta, più popolare, più vera pur con tutte le contraddizioni della religione.

    Io ho davvero problemi a confrontarmi con la religione; laico lo sono sempre stato, credo in ciò che la ragione mi mette davanti e credo che i peccati della chiesa siano davvero gravi, visto che piuttosto che badare ai poveri, ai deboli, agli esclusi, hanno fatto della religione un centro di potere tanto terreno da fondarsi sopra uno stato territoriale, uno Stato Ponificio che è l'esatto contrario di ciò che il Cristo predicava.
    Poi, se vado più a fondo, mi chiedo come si fa a rapportarsi con una religione che ha come simbolo la crudeltà della croceffisione, come ci si può rapportare con un padre che lascia morire un figlio in modo così atroce, come si può cavare amore da tanto dolore...
    La chiesa li chiama misteri.
    La mia ragione - che pure credo sia una ragione aperta, non ottusa, non sillogistica, ma ... dubitativa, in cerca di appigli più che di verità - la mia ragione, però, diffida dei misteri e diffida degli uomini che si ergono a profeti, perchè la storia ed il mondo sono stati pieni, lo sono ancora adesso e lo saranno ancora domani, pieni di falsi profeti, di predicatori che ci annunciano di avere la rivelazione di dio.
    Mi chiedo, mi sono sempre chiesto,ma un dio onnipotente non può forse parlare a tutti in modo chiaro che non lasci spazio ai dubbi?

    .... sono ancora molti i punti di dubbio, ma per ora mi fermo qui.

    Ma quello che volevo dire, in fondo, è che Francesco, il nuovo papa, potrà fare molto per disincrostare la chiesa europea da tanti residui del potere.
    Anche la tesi di una chiesa fondata su uno Stato territoriale ha i suoi oppositori dentro la stessa chiesa: e lo dico davvero ma lo dico anche come un limite estremo.
    Chissà, potremmo vedere una nuova epoca della storia, in cui la chiesa fa la rivoluzione!
    Del cardinale Bergoglio, ho letto,, si dice anche che è stato un prete/arcivescovo di strada, uno di quei preti che per le strade parlano alla gente, aiutano i deboli, sono solidali con gli sfruttati.
    Ci sono, quei preti, ogni tanto ne sentiamo ancora la voce.
    E se adesso uno di quelli l'avessero fatto Papa?

    Io la chiudo così.
    Lasciamo aperta un pò la porta.
    Magari si richiude.
    Ma potrebbe anche spalancarsi.
    Il mondo, la storia, non hanno un destino scritto in anticipo.
    Vediamo.

    Un abbraccio,
    Piero

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